4 Maggio 2025
tra record di risorse ricevute e ritardi nella spesa


L’Italia è tra i principali beneficiari dei fondi strutturali europei e del programma Next Generation EU, ma presenta criticità sistemiche nella gestione e nell’assorbimento delle risorse. L’efficacia dei fondi dipende non solo dall’entità ricevuta, ma soprattutto dalla capacità di spenderli in modo tempestivo ed efficiente.

Nel ciclo 2014–2020 l’Italia ha ricevuto 44,8 miliardi di euro, di cui oltre 36 destinati a FESR e FSE. Alla fine del 2023 il tasso di assorbimento ha raggiunto il 91,5%, un risultato incoraggiante che però si accompagna a ritardi e rallentamenti regionali, con disparità tra Nord e Sud. La capacità di spesa, pur in crescita rispetto ai cicli precedenti, resta legata alla complessità amministrativa e alla frammentazione delle responsabilità.

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Nel ciclo 2021–2027 l’Italia ha accesso a fondi come FESR, FSE+, FEASR e FEAMP, per un totale di decine di miliardi di euro. La novità principale è la centralità attribuita alla transizione digitale, ecologica e sociale, ma l’efficienza nell’attuazione dei Programmi Operativi Nazionali e Regionali è ancora messa alla prova dalla burocrazia e dalla mancanza di competenze tecniche nei territori.

Un capitolo a parte merita il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), per cui l’Italia ha ottenuto 191,5 miliardi di euro, tra fondi a fondo perduto e prestiti. A fine 2024, tuttavia, erano stati spesi solo 53,5 miliardi, meno del 30% del totale. Questo rallentamento ha diluito l’impatto sulla crescita, abbassando le stime del PIL dal previsto +2,1% a +0,7%. Il ritardo è stato attribuito in parte alla lentezza nella pubblicazione dei bandi, alla carenza di personale tecnico nei Comuni e a problemi di coordinamento tra enti centrali e locali.

Un elemento positivo emerge sul fronte del doppio finanziamento: la Corte dei conti europea ha evidenziato il rischio di sovrapposizione di fondi per gli stessi progetti, ma ha riconosciuto all’Italia una gestione virtuosa nel prevenire tali errori, grazie a una struttura di controllo migliorata.

Nel contesto europeo, l’Italia resta una potenza beneficiaria ma non ancora una potenza attuatrice. Per cambiare rotta occorrono riforme strutturali, semplificazione normativa, investimenti nella formazione amministrativa e maggiore trasparenza.

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