10 Maggio 2025
Formazione: oltre 550 mila lavoratori formati col Fondo Nuove Competenze. Esclusi i low-skilled e le microimprese.


La formazione continua dei lavoratori torna a crescere in Italia, trainata dagli investimenti pubblici e dal rilancio dei Fondi paritetici interprofessionali dopo la frenata imposta dalla pandemia. A dirlo è il nuovo Rapporto sulla Formazione continua in Italia, presentato oggi dall’INAPP (Istituto per l’Analisi delle Politiche Pubbliche) al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Nel 2023, grazie al Fondo Nuove Competenze (FNC) e alla collaborazione con i fondi interprofessionali, sono stati coinvolti oltre 550 mila lavoratori. Un risultato significativo che, con il recente stanziamento di 731 milioni di euro da parte del Ministero del Lavoro, punta a raddoppiare: l’obiettivo è raggiungere un milione di lavoratori, con particolare attenzione allo sviluppo di competenze digitali e green.

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Secondo i dati dell’INAPP, nel 2023 i 19 fondi interprofessionali hanno approvato 53.795 piani formativi, coinvolgendo 96.002 aziende e quasi 2 milioni di lavoratori – il 20% circa della forza lavoro privata. Tuttavia, il rapporto evidenzia come i benefici siano concentrati soprattutto tra i lavoratori con qualifiche elevate (21,6% di partecipazione), mentre restano ancora ai margini i low-skilled, con un tasso di partecipazione fermo al 5%. Sottorappresentate anche le microimprese.

Il tasso generale di partecipazione alla formazione per la fascia 25-64 anni è salito all’11,6%, portando l’Italia dal 18° al 14° posto nel ranking europeo, pur restando sotto la media UE. Le donne partecipano più degli uomini (14,7% contro 11,6%), soprattutto nella fascia 35-54 anni. Le regioni del Nord e del Centro mostrano i livelli più alti, mentre il Mezzogiorno continua a scontare un forte ritardo, confermando un doppio divario: territoriale e di genere.

Il presidente dell’INAPP, Natale Forlani, ha sottolineato come la transizione digitale, quella green e l’invecchiamento della forza lavoro stiano aggravando il mismatch tra domanda e offerta di competenze: “Servono più formazione e qualità nei percorsi per accompagnare le transizioni e colmare il divario tra grandi e piccole imprese. I fondi interprofessionali devono diventare leve strutturali delle politiche attive del lavoro”.

Interessante anche il quadro tracciato dall’indagine INDACO-Imprese, che mostra come solo il 5,3% delle aziende affronti attivamente il tema del trasferimento delle competenze tra generazioni. Tuttavia, emergono dinamiche promettenti soprattutto al Nord, dove i giovani lavoratori (18-34 anni) trasferiscono conoscenze digitali (29,9%) e linguistiche (19,3%) ai colleghi più anziani.

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L’Italia, quindi, accelera sulla formazione, ma la sfida resta quella dell’inclusione: serve allargare il perimetro dell’apprendimento continuo a chi oggi ne resta escluso. Le microimprese e i lavoratori meno qualificati non possono più essere il tallone d’Achille della strategia nazionale per le competenze.

foto Sardegnagol, riproduzione riservata



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