
In merito al salario minimo legale, oggi al centro di un’audizione in Senato, Conflavoro ribadisce la sua posizione proponendo un cambio di paradigma con una soluzione concreta e sostenibile per le imprese. L’associazione chiede infatti che venga individuato il contratto collettivo nazionale maggiormente applicato in ogni settore economico, riconoscendolo come riferimento retributivo da cui far derivare una certificazione di qualità per i CCNL che si adeguano. L’obiettivo è doppio: contrastare il dumping e promuovere salari equi e sostenibili.
Equa retribuzione per competitività imprese
“Con queste misure possiamo garantire l’equa retribuzione prevista dalla Costituzione, rispettando le peculiarità di ciascun settore e promuovendo al contempo la competitività delle imprese e un sistema di contrattazione collettiva di qualità, incentrata anche sui rinnovi contrattuali, isolando e contrastando pratiche sleali e contratti irregolari. A differenza del salario minimo, questa è la soluzione più giusta e sostenibile per combattere davvero il lavoro povero, senza danneggiare la crescita e l’occupazione”, afferma Roberto Capobianco, presidente di Conflavoro.
Col salario minimo aumento insostenibile del costo del lavoro
“Che sia di 9 o 10 euro lordi l’ora, introdurre un salario minimo comporterebbe inevitabilmente l’aumento dei minimi di ogni livello contrattuale, facendo lievitare il costo del lavoro per le imprese in modo insostenibile. È fondamentale sostenere le aziende, ad esempio con un fondo ad hoc che premi le realtà virtuose che riconoscono retribuzioni più elevate tramite i superminimi. In tal modo lo Stato può veramente contribuire al benessere dei lavoratori e stimolare la crescita dei consumi”, conclude Capobianco.
Scarica la memoria di Conflavoro sul salario minimo
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