14 Maggio 2025
sindacati e associazione chiedono strategia, formazione, investimenti


Giornate intense per le aziende e i lavoratori della moda, a partire da Prato, territorio da sempre vocato alla realizzazione di tessuti, capi e accessori. Oggi, a Prato, si è svolta l’iniziativa dei sindacati Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec Uil “Cambio di stagione, il futuro della moda è nei diritti.
Strategie per il rilancio della filiera” con la partecipazione delle istituzioni territoriali e delle associazioni
datoriali industriali, piccole e medie aziende e artigiani del settore. 

Tra le richieste dei sindacati: formazione continua, rafforzamento degli ammortizzatori sociali

“Chiediamo un consistente programma di investimento in politiche industriali a partire dall’aggiornamento delle
competenze, con la formazione continua e con moduli specifici, rafforzamento
degli ammortizzatori sociali, maggiori garanzie sul credito per le pmi. Per
raggiungere questi obiettivi sarà necessario un solido e costante
coinvolgimento del mondo politico e del Governo, in particolare. Chiediamo
misure realmente accessibili per lavoratori e imprese di una filiera composta
soprattutto da aziende di piccole dimensioni”, spiegano le sigle sindacali in una nota.

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“Su questi pilastri devono poggiare le fondamenta per il rilancio della filiera della oda che con 100 miliardi di euro
di giro d’affari, 62mila imprese e 600mila lavoratori, rappresenta una delle più
importanti industrie manifatturiere italiane. Ma che senza interventi, rischia di
essere travolta dal rallentamento della domanda globale, dall’aumento dei costi
dell’energia e della produzione nel suo complesso, dalla concorrenza di Paesi
che praticano il dumping e da politiche distratte o inadeguate”, hanno aggiunto le
segreterie nazionali di Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil che, intervenute questa mattina
a Prato, hanno lanciato il loro Piano strategico di politica industriale,
nel primo appuntamento organizzato insieme a istituzioni e associazioni
datoriali, per dare visibilità alle forti criticità che il settore sta attraversando in Italia.

“Chiediamo inoltre”, proseguono i sindacati, “misure stabili per il Green deal,
per l’innovazione e la ricerca, per garantire legalità e concorrenza Ieale nella
filiera, per incoraggiare il reshoring delle produzioni all’estero. Il clima di
incertezza geopolitica, causato soprattutto dalla scellerata politica dei dazi da
parte degli Stati Uniti, ha un forte impatto su tutta la catena di valore delle
imprese del settore, soprattutto su quelle di piccole dimensioni e dai volumi di
attività contenuti”.

“Il 45% dei distretti italiani è legato filiera della moda”, ricordano le
organizzazioni sindacali. “La campagna di sensibilizzazione ci porterà in tutta
Italia, ma abbiamo deciso di partire da Prato per la rilevanza di questo
distretto. Qui la produzione dell’industria e della manifattura è in calo per il
settimo trimestre consecutivo, con previsioni negative su tutta la prima metà
del 2025. In Toscana, nei nostri settori, lo scorso anno abbiamo registrato la
cessazione di 428 aziende e solo 271 nuove iscrizioni. Ad aumentare sono solo
le ore di cassa integrazione. Per il solo settore pelletteria sono cresciute del
254% nel 2024 rispetto al 2023, rappresentando l’82% delle ore totali
autorizzate per l’intero ambito della moda.

Federazione moda Italia-Confcommercio preoccupata per l’ultra fast fashion

Ieri, intanto, Federazione moda Italia-Confcommercio ha espresso soddisfazione per l’incontro avuto al Ministero delle imprese e del made in Italy, nel cuore di un anno che si apre con segnali ancora troppo deboli per il settore. Il dettaglio moda, spina dorsale del made in Italy con 164.369 negozi che danno lavoro a 299.793 persone, sta affrontando un passaggio delicatissimo che potrà essere superato esclusivamente con maggiore attenzione da parte di tutti e soprattutto delle istituzioni.

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Serve un Piano Italia per la moda che punti al consolidamento di tutta la filiera

A preoccupare la federazione due tipi di concorrenza:
l’ultra fast fashion, alimentata da un’esplosione di spedizioni da Paesi extra Ue, 4,6 miliardi nel 2024, il doppio rispetto all’anno precedente, che godono di esenzioni doganali sotto i 150 euro, e le “scelte commerciali delle nostre stesse aziende fornitrici che si vogliono sostituire ai negozi di prossimità, tralasciando l’indispensabile valore del rapporto di collaborazione tra fornitori e commercianti, a discapito della tenuta di tutta la filiera”, spiega Giulio Felloni, presidente nazionale di Federazione moda Italia-Confcommercio.

Alcuni segnali positivi arrivano, comunque, dallo shopping tourism con una crescita continua degli acquisti (+9% sul 2024) che dimostra l’apprezzamento per l’offerta dei nostri punti vendita.

“In un positivo e costruttivo incontro al Mimit abbiamo sottolineato l’esigenza di un Piano Italia per la moda che punti al consolidamento di tutta la filiera, senza tralasciare alcuna componente ed in particolare i negozi di prossimità. Ci domandiamo quali saranno le ricadute sull’intera filiera e sulle nostre città se i consumi interni di prodotti di moda continuano a ridursi e se i negozi continuano a chiudere. Abbiamo chiesto un’adeguata attenzione istituzionale per evitare il rischio che corre il nostro Paese di una non auspicabile desertificazione commerciale che non colpisce solo l’economia, ma anche la sicurezza, l’identità urbana e sociale delle nostre città”, ha detto Felloni.

Auspicabili proposte concrete per rafforzare il commercio di prossimità

“Per questo abbiamo presentato al Mimit una serie di proposte concrete per rafforzare il commercio di prossimità, presidio fondamentale del made in Italy e motore di occupazione, cultura e bellezza e, tra queste vogliamo evidenziare: per i consumatori, detrazioni fiscali ed incentivi sugli acquisti di moda nei negozi di prossimità; per le imprese, crediti d’imposta sui costi di gestione, locazioni, magazzini e pagamenti digitali;
per superare gli squilibri commerciali, un intervento deciso all’insegna del principio ‘stesso mercato, stesse regole’ utile a fronteggiare la concorrenza sleale di alcuni colossi del web”.

Giulio Felloni Credits: Courtesy of Federazione moda Italia



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