17 Maggio 2025
Entra nel vivo il confronto tra le istituzioni europee sulla RIS


 6 min

Il gruppo negoziale del Parlamento e il gruppo di lavoro del Consiglio pronti a esaminare il documento informale della Commissione UE sui punti essenziali del dossier. Dal value for money agli obblighi di disclousure, ecco i nodi da sciogliere

I servizi della Commissione hanno redatto un documento informale, precisamente un non-paper non approvato formalmente da Bruxelles, per agevolare il confronto con gli organi UE sui punti essenziali della Retail Investment Strategy. Nelle prossime settimane si riuniranno dunque il gruppo negoziale del Parlamento e il gruppo di lavoro del Consiglio per esaminare il testo e avviare la fase di trilogo. Gli argomenti principali sui quali si sofferma l’iniziativa richiamano i punti che si sono rivelati più controversi nella discussione seguita alla pubblicazione della proposta a maggio 2023: value for money, semplificazione del percorso dell’investitore e obblighi di disclosure. Un passo che, nonostante sia prematuro considerare come acquisite le modifiche suggerite dal documento, rappresenta comunque una valida e ragionevole base di discussione con i legislatori sui temi più importanti della direttiva per la protezione degli investimenti retail.

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Value for Money: un possibile punto di atterraggio

Secondo la proposta iniziale, le imprese sarebbero tenute a valutare il rapporto qualità-prezzo dei loro prodotti per gli investitori al dettaglio. Una valutazione da effettuarsi (se disponibile) rispetto ai parametri di riferimento per i costi e le prestazioni nonché per altri benefici, elaborati dall’ESMA/EIOPA, sulla base di metodi e a criteri specificati in un atto delegato della Commissione. Sia il testo del Parlamento che quello del Consiglio modificano considerevolmente l’approccio originario e, pur differendo in alcuni aspetti, suggeriscono in linea di massima un approccio basato su due pilastri per garantire un buon equilibrio costi-benefici: gli indici di riferimento elaborati dalle Authorities in questione diventano solo ‘indici di riferimento di vigilanza’, che non risultano vincolanti ma sono utilizzati per individuare eventuali valori anomali, mentre le imprese sono tenute ad effettuare la loro valutazione rispetto a gruppi di pari strumenti finanziari analoghi sulla base di una metodologia stabilita negli orientamenti o in un atto delegato. Il documento dei servizi della Commissione presenta una possibile ed equilibrata soluzione di compromesso, articolata tra i diversi settori e soluzioni di investimento. In sostanza, l’approccio Value for Money sarebbe adottato per i fondi e per i prodotti strutturati mediante il confronto con peer group disegnati secondo linee guida che verranno definite da un successivo atto. Per gli strumenti assicurativi, invece, viene riproposto l’originario approccio basato su confronto con benchmark europei sviluppati da EIOPA.

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La semplificazione del percorso dell’investitore

La RIS persegue l’obiettivo di accrescere la partecipazione degli investitori retail ai mercati dei capitali. Un obiettivo per raggiungimento del quale, è opinione condivisa, si rende necessaria una semplificazione degli adempimenti in capo agli intermediari nello svolgimento dei servizi di investimento. I punti di maggiore rilevanza avanzati dall’originaria proposta della Commissione e nelle successive prese di posizione del Consiglio e del Parlamento sotto questo profilo sono stati essenzialmente tre: la classificazione degli investitori, la valutazione di adeguatezza e il best interest, la valutazione di appropriatezza nei servizi non-advised ed il test relativo agli incentivi.

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Classificazione

Per quanto riguarda il primo aspetto, la proposta avanzata da numerosi operatori di istituire una categoria intermedia di investitori semi-professionali non sembra essere stata considerata. La Commissione aveva originariamente avanzato l’idea di ampliare i requisiti necessari a rientrare nella categoria dei clienti professionali su richiesta. Nel documento si va oltre e si propone di consentire al pubblico al dettaglio di accedere, su richiesta, a singoli investimenti più sofisticati e riservati agli addetti ai lavori mediante un’opzione di opt-out (una tantum) dalle norme MiFID di protezione degli investitori retail.

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Valutazione e best interest

L’obiettivo della valutazione di adeguatezza è consentire al consulente di identificare i prodotti finanziari adatti al cliente, sulla base delle informazioni ricevute in merito alla sua situazione personale e finanziaria. Il test del miglior interesse, come proposto dalla Commissione nella RIS, mira invece a richiedere al professionista di individuare il prodotto che meglio soddisfa gli interessi del cliente nell’ambito di quelli adeguati. Si tratta di  un nuovo meccanismo di verifica che però finisce per confermare o chiarire l’obbligo già esistente in capo all’advisor di agire nel migliore interesse del risparmiatore. Entrambi potrebbero quindi essere raggruppati in un unico test a due fasi, diverse ma complementari nel processo di consulenza. Non si prevede, da parte dei tecnici, di dar corso alla definizione di un questionario standard per la valutazione di adeguatezza mentre si intende consentire la compilazione online di quello da parte dell’investitore  prima dell’incontro con il consulente. Viene infine riproposta una condizione di maggior favore per i consulenti indipendenti, che potranno semplificare l’onboarding del cliente quando forniscono informazioni strumenti finanziari semplici e diversificati.

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Il test di appropriatezza per i servizi esecutivi

La necessaria semplificazione dei processi e dei percorsi dell’investitore non deve far abbassare la guardia nei confronti degli investimenti fai-da-te effettuati dai clienti, soprattutto se l’oggetto è uno strumento finanziario complesso. Si insiste quindi nel richiedere che il test di appropriatezza sia esteso alla verifica della tolleranza al rischio e alla capacità di sostenere le perdite da parte degli investitori. Una possibile semplificazione consisterebbe nell’abolire la standardizzazione dell’avvertenza  al cliente in relazione alla mancata appropriatezza dell’investimento.

Il test degli incentivi

La Commissione non si opporrebbe alla soppressione o a una razionalizzazione del criterio di ammissibilità degli incentivi, a condizione che ciò non comporti un abbassamento delle norme esistenti sugli stessi. Se i co-legislatori decidessero di mantenere il criterio, dovrebbero chiarire in modo più esplicito che il relativo test rappresenta una valutazione interna degli intermediari da effettuarsi eventualmente solo nell’ambito del processo di approvazione del prodotto e non prima di ogni singola raccomandazione o transazione. In ogni caso, Bruxelles non sosterrebbe un risultato che introduca un’ulteriore frammentazione nel mercato interno.

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Modifiche al regime di trasparenza informativa

Nella proposta della RIS la Commissione ha presentato una serie di miglioramenti. Tra questi figurano: standardizzazione dell’informativa sui costi, migliore informativa su pagamenti o incentivi di terzi, fornitura di un rendiconto annuale per informare gli investitori al dettaglio sugli oneri e sulla performance dei loro investimenti, adeguamento delle informative in modo che siano adatte all’uso digitale, eliminazione di alcune duplicazioni e incongruenze (tra Solvency II e IDD), obbligo di utilizzare avvertenze di rischio per i prodotti particolarmente rischiosi e rafforzare i requisiti in relazione alle comunicazioni di marketing. La nuova direttiva contiene inoltre proposte di modifiche mirate al regolamento PRIIP per migliorare alcuni aspetti dei documenti informativi precontrattuali sui prodotti (KID): si va da un cruscotto riepilogativo per fornire le principali caratteristiche del prodotto a colpo d’occhio nella parte superiore del documento all’uso di mezzi digitali per facilitare la fornitura dei KID attraverso mezzi digitali, passando dal miglioramento dell’informativa sulla sostenibilità e del regime di informativa per i prodotti multi-opzione.

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Il nodo dell’armonizzazione

Le linee guida per il confronto con i legislatori si dovrebbero orientare innanzitutto sulla massimo armonizzazione per l’informativa IDD e MiFID: al fine di evitare un’ulteriore sovra-regolamentazione, i co-legislatori potrebbero  quindi introdurre il principio secondo cui le norme in materia di informativa si basano sul principio della massima armonizzazione e che gli Stati membri dovrebbero astenersi dall’includere ulteriori obblighi di informativa. Sarà importante anche garantire il pieno allineamento delle informative sui costi e sulle prestazioni tra MiFID, IDD e il regolamento PRIIPS: i co-legislatori potrebbero allineare ulteriormente il mandato ESMA/EIOPA per garantire un pieno allineamento tra MiFID, IDD e PRIIPS per quanto riguarda la presentazione degli scenari di costi e performance in tutti i documenti precontrattuali e post-contrattuali forniti ai clienti al dettaglio. Inoltre, si potrebbe riflettere se e come le informazioni possano essere presentate in una forma più appetibile per un investitore medio, ad esempio attraverso l’uso di rappresentazioni grafiche.  Infine, in merito al KID, si prevede la rimozione della sezione sulla sostenibilità, il mantenimento della lunghezza massima della pagina di 3 pagine e un’ulteriore semplificazione dei contenuti di PRIIPS KID per una migliore comprensione da parte degli investitori retail.

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