
In vista dell’avvio della stagione estiva è il momento ideale per fare il punto sul contratto di lavoro stagionale, uno strumento che consente alle imprese di affrontare con flessibilità i picchi di attività legati alla ciclicità di determinati settori.
Dalla corretta individuazione delle attività stagionali ai vantaggi operativi e contributivi, fino alle ultime novità introdotte dal Collegato Lavoro 2025, questo approfondimento fornisce una panoramica chiara e aggiornata sulle caratteristiche del lavoro stagionale e su come utilizzarlo in modo efficace e conforme alla normativa vigente.
Il lavoro stagionale rappresenta uno strumento contrattuale strategico per gestire le esigenze produttive cicliche in settori come turismo, agricoltura e commercio. La sua rilevanza nell’economia italiana è determinata dalla capacità di offrire alle aziende la flessibilità necessaria per affrontare i picchi produttivi, evitando al contempo i costi fissi legati al personale permanente. Questo contributo intende offrire una schematizzazione sugli aspetti operativi del lavoro stagionale, evidenziando vantaggi, adempimenti essenziali e recenti novità normative introdotte dal Collegato Lavoro 2025 e dai Messaggi INPS del 23 gennaio 2025 e del 7 febbraio 2025.
Le regole del gioco per il lavoro stagionale
Per applicare correttamente le deroghe previste per il lavoro stagionale, è essenziale verificare innanzitutto se l’attività rientra nel perimetro della stagionalità secondo la normativa vigente. Il primo riferimento è il D.P.R. 1525/1963, che continua a rappresentare la fonte normativa fondamentale e contiene un elenco tassativo di attività considerate stagionali.
Tra le attività elencate nel D.P.R. 1525/1963 si annoverano, a titolo esemplificativo:
- attività esercitate da alberghi, stabilimenti balneari, campeggi, impianti di risalita e rifugi alpini;
- raccolta, trasformazione e conservazione di prodotti agricoli e ortofrutticoli;
- attività connesse a spettacoli viaggianti, parchi divertimenti e fiere;
- attività svolte in colonie montane, marine e curative e attività esercitate dalle aziende turistiche, che abbiano, nell’anno solare, un periodo di inattività non inferiore a sessanta giorni continuativi o centoventi giorni non continuativi.
Tuttavia, l’elencazione tradizionale può risultare in alcuni casi obsoleta rispetto alle esigenze mutate nel tempo e limitativa, data la sua tassatività. Ad esempio, mentre negli anni sessanta del secolo scorso erano tipiche la villeggiatura estiva e le vacanze invernali che prevedevano una chiusura delle strutture nei periodi di bassa stagione, oggi è frequente che molte attività turistiche rimangano aperte tutto l’anno, pur avendo dei picchi di lavoro in determinati periodi. Tale evoluzione ha reso necessario un ampliamento del concetto di stagionalità.
Tuttavia, a fronte della rigidità dell’elenco previsto dal D.P.R., risulta fondamentale affiancare a tale fonte la contrattazione collettiva, che consente di aggiornare e adattare la definizione di stagionalità alle mutate condizioni del mercato.
Attenzione al CCNL di riferimento
È quindi fondamentale consu
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