
Parla il ceo di Société Générale e presidente dei banchieri Ue: «I veti alle fusioni? Serve un’integrazione efficiente»
L’economia globale è scossa da decisioni che vanno in tutte le direzioni. Come definirebbe ciò che sta accadendo?
«Il nuovo quadro internazionale porta con sé degli scossoni significativi. Dobbiamo adattarci e navigare in un ambiente più volatile. Tuttavia, il problema fondamentale per l’Europa è la crescita – risponde parlando al Corriere e a un gruppo ristretto di media europei Slawomir Krupa, originario di Cracovia, amministratore delegato della Société Générale e presidente della Federazione bancaria europea – . Negli ultimi due decenni abbiamo subito un ritardo drammatico su gran parte delle economie. Francamente, vorrei davvero che ci concentrassimo su questo problema di fondo. Sulla competitività ci sono troppe discussioni e non abbastanza azione. Ci siamo concentrati troppo in Europa sulla resilienza a scapito della crescita, ora dobbiamo spostare la nostra mentalità verso una crescita resiliente. Ed è molto vero per il settore bancario, perché nell’economia europea senza le banche non si può realizzare niente. I responsabili politici e i supervisori dovrebbero lavorare per sbloccare parte del capitale congelato nel sistema, per liberare crescita. Negli anni le misure di discrezionali di vigilanza hanno contribuito a congelare centinaia di miliardi di euro di capitale in più, equivalenti a ben oltre un mille miliardi di euro di capacità di finanziamento. Le banche possono essere il ponte per chiudere il divario di investimento di 800 miliardi in Europa identificato nel rapporto di Mario Draghi».
Pensa che i regolatori europei dovrebbero avere una mano più leggera sui requisiti di capitale delle banche?
«Nessuno di noi in Europa sostiene la deregulation. Ma dobbiamo affrontare l’iperinflazione normativa di un sistema estremamente complesso di cuscinetti di capitale imposti alle banche da molteplici autorità nazionali ed europee. Questo crea duplicazioni di conti, complessità e rende difficile navigare nel sistema. Negli ultimi cinque anni sono state emesse 13 mila nuove normative in Europa, contro 5.500 negli Stati Uniti. Il manuale della regolamentazione bancaria è di 15 mila pagine. In termini di capitale, negli ultimi cinque anni attraverso l’azione discrezionale di vigilanza i supervisori hanno imposto diversi tipi di requisiti aggiuntivi (add-on) sulla maggior parte delle banche. Per le 15 principali banche europee, il capitale totale è di circa 700 miliardi di euro e oggi il 40% di esso proviene da requisiti discrezionali imposti alle banche. Ciò significa che molto capitale è congelato nel sistema poiché queste misure si sono accumulate negli ultimi anni, per circa 100 miliardi euro di capitale. Spesso questo non aumenta nemmeno la resilienza. Tutto ciò fa sì che l’Europa perda opportunità di crescita».
Qual è l’impatto della presidenza di Donald Trump sul settore finanziario?
«C’è più incertezza e i mercati sono più volatili. C’è anche un elemento di opportunità per il nostro settore poiché i clienti hanno più bisogno di noi per elaborare flussi e per prodotti di copertura, ad esempio. Ma la crescita rallenta perché c’è una pausa nelle decisioni di investimento, aspettando l’esito dei negoziati sul commercio. La struttura della catena di approvvigionamento evolverà. Tutti gli attori si adatteranno, in base a quanto sarà dirompente il risultato finale».
Rispetto agli Stati Uniti potrebbe esserci una crescente divergenza nella regolamentazione. Come deve reagire l’Europa?
«Con la consapevolezza. Ci sono segni crescenti che le regole di Basilea III non saranno implementate completamente negli Stati Uniti, a meno che non abbiano un impatto neutro sul capitale. Ma in un momento in cui pensiamo alla nostra competitività in termini strategici, perché dovremmo favorire gli americani? Perché permettere una grande discrepanza nel quadro normativo? Perché andare avanti col freno tirato?»
Ma le banche europee si sono dimostrate più resilienti grazie ai requisiti di capitale più elevati…
«Non sto dicendo che la resilienza sia un male, ma non dovrebbe essere l’unico obiettivo. Dobbiamo adeguare la nostra visione del rischio. Lo stato di rischio zero è morte. Non c’è crescita significativa a lungo termine se non hai assunzione di rischi. È questione di equilibrio».
L’Unione dei mercati dei capitali è sul tavolo europeo da anni. Friedrich Merz e Emmanuel Macron possono dare una scossa?
«Troppo spesso trascuriamo il fatto fondamentale: l’Europa manca di capitale di investimento. Possiamo semplificare la regolamentazione. Possiamo persino creare un altro regolatore sovranazionale. Alla fine il problema rimane: da dove vengono i soldi? L’Europa ha pochi fondi pensione, a causa della struttura della maggior parte dei sistemi pensionistici e anche di una preferenza culturale per investimenti liquidi e a basso rischio. Nel lungo periodo, è questione di mentalità, cultura, alfabetizzazione finanziaria, educazione…»
Cosa pensa dei tentativi dei in Italia e in Spagna di opporsi fusioni fra banche?
«Non è mio compito fornire giudizi né favorire una particolare struttura di mercato. Esiste ancora una dualità irrisolta tra i regolatori dei Paesi di origine di una banca e quelli ospitanti in Europa e restano molte inefficienze sul capitale sulle operazioni transfrontaliere. Come cittadino, penso che dovremmo fare in modo da creare le giuste condizioni affinché l’Europa possa prosperare grazie a un’integrazione efficiente».
Perché le banche si sono opposte all’euro digitale, mentre Trump sostiene gli stablecoin?
«Non ci opponiamo a un progetto che sia ben fondato, con un certo livello di consenso sugli obiettivi. Se il tema è la sovranità dei pagamenti europei, allora è critico. Il grado di dipendenza è massiccio, tornando all’esigenza di un’autonomia strategica europea. Ma non vedo perché dovremmo saltare, con un approccio dall’alto in basso, a una soluzione che non affronta la questione della sovranità sui pagamenti in euro. Parliamo di trasferimenti, pagamenti istantanei, carte di credito… Esploriamo tutte le opzioni esistenti e vediamo quali sono le soluzioni più convenienti e comode già sul tavolo. Pensiamo a come connettere le soluzioni esistenti e realizzare reali efficienze».
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