
Quando ad aprile il presidente statunitense Trump ha preso di mira la Cina con dazi altissimi, ha messo in atto una prova di forza per verificare quale Paese potesse assorbirne meglio le conseguenze economiche. Per gli Stati Uniti, le ripercussioni si sono manifestate in un calo delle importazioni, divenute più costose, mentre per la Cina in fabbriche inattive e carenza di dollari. La Cina, tuttavia, ha un asso nella manica: il monopolio su una serie di terre rare, minerali fondamentali per le principali industrie americane, tra cui quelle del settore della difesa, che ha bisogno di questi materiali per produrre caccia all’avanguardia come l’F-35.
“È la più grande pistola che hanno puntato alla nostra testa”, afferma Evan Smith, Ceo di Altana Technologies, che fornisce informazioni sulla catena di approvvigionamento a una serie di importanti aziende. Nel caso dell’F-35, l’azienda ha recentemente creato un grafico, che mostra come gli aerei si affidino alle terre rare per tutto, dai sensori ai motori, fino al rivestimento termico.
Smith descrive le terre rare, tra cui terbio e ittrio, come “i metalli più importanti di cui non avete mai sentito parlare”. Sebbene possano sembrare oscuri, sono essenziali non solo per i produttori del settore della difesa come Lockheed Martin e Northrop Grumman (produttori dell’F-35), ma anche per aziende tecnologiche come Apple, o automobilistiche, come Tesla.
Nell’attuale guerra commerciale, la Cina ha vietato del tutto l’esportazione di terre rare, ma ha introdotto un regime di licenze che sta già provocando interruzioni nella catena di approvvigionamento. Normalmente, le aziende statunitensi si rivolgerebbero a fornitori di altri Paesi, ma l’attuale sistema di produzione delle terre rare è quasi interamente concentrato in Cina, responsabile di oltre il 90% di questi minerali chiave.
Secondo un recente rapporto del Center for Strategic and International Studies, il Dipartimento della Difesa americano si è mosso per costruire una catena di approvvigionamento nazionale di terre rare – anche attraverso la concessione di sovvenzioni ad aziende in California e Texas – ma questi impianti devono ancora diventare pienamente operativi. Nel frattempo, anche Paesi come il Giappone e l’Australia stanno cercando di espandere la produzione di terre rare ma, per ora, non sono neanche lontanamente in grado di compensare il monopolio di fatto della Cina.
“Lo sviluppo di capacità estrattive e di lavorazione richiede uno sforzo a lungo termine, il che significa che gli Stati Uniti saranno in svantaggio nel prossimo futuro”, si legge nel rapporto del CSIS.
Tutto ciò spiega probabilmente perché il Presidente Trump si è mosso – nello stallo della guerra commerciale – abbassando le tariffe sulla Cina al 30%, all’inizio di questo mese. La guerra commerciale, tuttavia, è ancora in corso e, mentre i due Paesi stanno pianificando il loro finale di partita, il monopolio delle terre rare potrebbe portare la Cina in vantaggio.
Questo articolo è stato pubblicato su Fortune.com
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