
Sono tre i principali nervi scoperti (ma non troppo visto l’attività legislativa in Italia) del nostro mercato del lavoro: l’esclusione dei giovani, la sotto-rappresentazione delle donne e la carenza di professionisti qualificati.
L’Italia, insomma, continua a scontare un ritardo strutturale rispetto all’Europa: il tasso di occupazione resta inferiore alla media UE (67% contro 76%), e a pagare il prezzo più alto sono tre categorie chiave, come evidenziato oggi anche da Talents Venture.
I giovani, infatti, solo il 33% degli occupati ha meno di 39 anni, contro una media europea del 40%. La quota di occupazione femminile, inoltre, è del 42%, quattro punti sotto la media UE, mentre nei settori strategici, come ICT e comunicazione, i giovani italiani sono molto meno presenti rispetto ai coetanei europei (40% vs 53%).
Il risultato è un mercato del lavoro che impiega meno specialisti e tecnici qualificati: il 33% contro il 39% europeo. Una differenza che, in termini assoluti, significa oltre 1,2 milioni di professionisti in meno.
Rimanendo in tale perimetro, non è solo una questione di numeri. Come sottolinea l’economista Enrico Moretti (Università di Berkeley), per il quale ogni posto di lavoro nell’innovazione può generare fino a cinque impieghi in settori meno specializzati. Dunque, quando mancano professioni qualificate, l’intero sistema economico ne risente: minori salari, contratti più deboli, minore crescita.
Servono, quindi, nuove imprese ad alta specializzazione e una forte spinta all’innovazione da parte di quelle esistenti, per Talents Venture. Eppure, qui l’Italia mostra un altro paradosso: solo il 2,2% delle nuove imprese tra il 1995 e il 2019 è stato fondato da laureati. Il capitale umano più preparato del Paese resta in larga parte fuori dall’imprenditoria, e con esso anche la possibilità di creare occupazione qualificata. D’altro canto come dare torto ai giovani italiani che, tra le false narrazioni istituzionali circa l’accessibilità ai contributi a fondo perduto e un sistema fiscale al “limite dello Stato di Diritto”, non aprono una attività imprenditoriale?
Le ultime espressioni di Governo e, in ordine di arrivo, il “salvifico PNRR” sembrano aver fallito sulle 3 cosiddette leve fondamentali dell’occupazione: formazione, innovazione e inclusione, continuando a non riformare un sistema Italia che, di fatto, continua a sfornare laureati che non trovano collocazione nei settori più strategici, alimentando un circolo vizioso in cui il Paese forma competenze che poi non riesce a valorizzare.
foto niekverlaan da Pixabay.com
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