4 Giugno 2025
Imprenditore beneficia di un bonus durante la pandemia Covid, ma finisce a processo per 4 centesimi





Una vicenda giudiziaria dai contorni quasi surreali vede coinvolto un imprenditore di 38 anni, accusato di aver percepito indebitamente un contributo statale durante la pandemia da Covid. Al centro del caso, una differenza di appena 4 centesimi: una cifra minima, ma sufficiente a segnare la linea tra un illecito amministrativo e un reato penale.

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La richiesta di contributi e il controllo della Finanza


Il governo dell’epoca, per sostenere imprese e lavoratori duramente colpiti dalle restrizioni, approva il cosiddetto «decreto Rilancio». Tra le misure previste, contributi a fondo perduto per le attività in difficoltà. Come riporta il Corriere della Sera, anche l’imprenditore finito sotto inchiesta decide di presentare domanda. A giugno 2020 invia la documentazione necessaria, dichiarando un fatturato di 20mila euro nell’aprile 2019 e una cifra azzerata nello stesso mese del 2020.


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Contributi per le imprese

 

In base a quanto dichiarato, l’Agenzia delle entrate procede all’erogazione di un contributo da 4.000 euro. Tuttavia, un successivo controllo incrociato rivela che l’imprenditore non aveva presentato alcuna dichiarazione dei redditi, elemento che mette in dubbio la veridicità della richiesta.

Secondo la Procura, si tratta di «una dichiarazione falsa o comunque incompleta» e accusa l’uomo di aver «conseguito indebitamente contributi o sovvenzioni».

I 4 centesimi di differenza


È a questo punto che entrano in gioco i famosi 4 centesimi. Secondo la normativa vigente, se l’ammontare del contributo ottenuto indebitamente è pari o inferiore a 3.999,96 euro, la questione resta in ambito amministrativo, con una sanzione pecuniaria. Se invece si supera quella soglia, scatta il penale: una condanna che può arrivare fino a tre anni di reclusione. Nel caso in questione, i quattromila euro ricevuti superano di quattro centesimi il limite previsto dalla legge, rendendo inevitabile il passaggio in aula. 


Nonostante il clamore, il caso si è concluso davanti al giudice dell’udienza preliminare, che ha dichiarato il non luogo a procedere per «tenuità del fatto».




Ultimo aggiornamento: lunedì 2 giugno 2025, 10:05



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