7 Giugno 2025
La svolta (incompiuta) della BCE: perché le PMI italiane restano a secco di credito – Italia News


Nonostante il taglio dei tassi, il credito alle piccole imprese resta bloccato tra spread elevati, garanzie più rigide e banche poco propense al rischio

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

Un taglio atteso, ma l’effetto non si vede

Il taglio dei tassi di interesse deciso dalla Banca centrale europea rappresenta ufficialmente l’inizio di una nuova fase espansiva della politica monetaria. Ma per le PMI italiane, questa svolta rischia di rimanere solo un segnale simbolico: il credito continua a essere poco accessibile e costoso. Il tasso sui depositi è stato abbassato al 2%, quello sui rifinanziamenti principali al 2,15%, e quello sui prestiti marginali al 2,40%. Tuttavia, i tassi reali praticati alle imprese – soprattutto per i finanziamenti sotto i 250.000 euro – restano sopra il 5,5%, ben oltre la media UE.

Le banche restano caute: tassi, garanzie e tempi lunghi

Il sistema bancario europeo, e quello italiano in particolare, continua a mostrare una forte cautela nell’erogazione del credito. Il flusso netto di nuovi prestiti alle imprese è negativo, con un calo del -1,6% annuo ad aprile. Le condizioni restano rigide: vengono richieste garanzie più onerose, si applicano spread elevati e i tempi medi di approvazione superano i 40 giorni. La quota di domande respinte o ridimensionate è superiore al 30%.


Le microimprese penalizzate da rating bassi e pochi strumenti

Le difficoltà sono più gravi per le microimprese, spesso sprovviste di rating creditizi, con bilanci fragili e capitali limitati. I ritardi nei pagamenti da parte della PA e dei grandi committenti, insieme ai costi fissi bancari sproporzionati, rendono poco redditizio per le banche erogare piccoli prestiti. Anche le garanzie pubbliche, come il Fondo centrale, sono oggi meno accessibili rispetto al periodo pandemico.

Il taglio dei tassi non basta: serve una strategia strutturale

Per Unimpresa, è evidente che la sola riduzione dei tassi non basta. «Occorrono misure complementari – sottolinea il vicepresidente Giuseppe Spadafora – come un rafforzamento delle garanzie pubbliche, l’impegno del sistema bancario nel sostenere davvero le piccole imprese e lo sviluppo di canali alternativi di finanziamento: dai minibond alle piattaforme fintech, fino al credito diretto».

Microcredito

per le aziende

 

Una sfida per l’intero sistema produttivo

Le PMI italiane, che costituiscono oltre il 90% del tessuto produttivo nazionale, sono il cuore dell’economia. Ma senza credito, non possono investire, crescere o innovare. Il rischio è che la spinta espansiva della BCE finisca per favorire solo i grandi gruppi, lasciando le PMI ancora una volta indietro.


Domande e risposte

1. Perché il taglio dei tassi BCE non ha effetti immediati sul credito alle PMI?
Perché le banche trasferiscono il calo solo lentamente e con prudenza, mantenendo spread e garanzie elevate.

2. Quali sono i tassi medi per i prestiti alle microimprese in Italia?
Oltre il 5,5%, contro una media UE del 4,8%.

3. Quali sono le principali difficoltà delle PMI nel richiedere un prestito?
Rating assente, capitale ridotto, bilanci fragili, ritardi nei pagamenti e costi fissi bancari elevati.

4. Le garanzie pubbliche sono ancora efficaci?
Sono fondamentali, ma oggi meno accessibili rispetto al biennio pandemico.

5. Quali strumenti alternativi al credito bancario possono aiutare le PMI?
Minibond, piattaforme fintech, crowdfunding e credito diretto.

6. Quanto tempo ci vuole mediamente per ottenere un prestito?
Oltre 40 giorni di media.

7. Quante richieste di credito vengono respinte?
Circa il 30% delle domande viene rifiutato o ridimensionato.

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8. Le grandi imprese hanno le stesse difficoltà?
No, godono di migliori condizioni e accesso al credito più agevole.

9. Cosa propone Unimpresa per migliorare la situazione?
Rafforzare il Fondo di Garanzia e sviluppare nuovi canali di finanziamento.

10. Qual è il rischio maggiore se la situazione non cambia?
Che le PMI restino escluse dalla ripresa economica, rallentando lo sviluppo del Paese.



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