
Sulle prescrizioni governative poste dal governo all’offerta Unicredit su Banco Bpm si va a luglio. L’istituto guidato da Andrea Orcel ha deciso di rinunciare alla sospensiva richiesta del provvedimento con il quale il governo aveva esercitato i poteri speciali di cui dispone per tutelare i settori strategici. Davanti alla prima sezione del tribunale amministrativo, il gruppo di Piazza Gae Aulenti ha rinunciato alla sua istanza cautelare. Si andrà quindi all’udienza di merito fissata per il 9 del mese prossimo.
LA NOTA
La decisione vuole «consentire un dialogo costruttivo» con il dicastero di Via XX Settembre, ha fatto sapere la banca in una nota.
Il gruppo creditizio ha ricordato di avere ricevuto dal Mef, autorità incaricata di verificare il rispetto delle prescrizioni del cosiddetto Golden power, «una comunicazione che ha chiarito i termini in cui si svolgeranno le attività di monitoraggio».La banca mantiene la propria posizione di merito sul decreto della presidenza del Consiglio dei ministri dello scorso 18 aprile che ha vincolato l’operazione lanciata su Banco Bpm a quattro condizioni: l’uscita di Unicredit dal mercato russo entro il prossimo gennaio; il mantenimento del rapporto tra impieghi e depositi, quindi del livello di prestiti a famiglie e imprese, praticato dai due istituti; non ridurre i finanziamenti ai progetti infrastrutturali e, infine, non ridurre per cinque anni gli investimenti in Btp. Condizioni sulle quali il gruppo guidato da Andrea Orcel ha già sollevato le proprie obiezioni. Il tenore della risposta arrivata dal Tesoro, spiega la banca, ha convinto il management di Piazza Gae Aulenti a ritirare la richiesta di misure provvisorie. La banca, ha però anche chiesto «che la sentenza del Tar del Lazio sia accelerata per fare definitiva chiarezza».
Il dicastero di XX Settembre non commenta gli sviluppi nei tribunali. Fonti del ministero ricordano che gli uffici continuano con l’attività di monitoraggio delle condizioni poste. Un processo fatto di domande e risposte con la controparte.«Sono sempre per il dialogo, lo sono sempre stato. La via del dialogo è sempre la migliore per ottenere risultati: credo che adesso si possa dialogare con Unicredit e risolvere il problema», ha spiegato a sua volta il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Il leader di Forza Italia sulle prescrizioni del golden power ha manifestato dubbi ,esprimendo la sua contrarietà – e quella degli altri ministri azzurri- nel cdm prima di Pasqua, in particolare sulla richiesta a Unicredit di dismettere le attività in Russia entro nove mesi, per le ripercussioni che potrebbero esserci sulle 270 aziende italiane nel Paese, «Siamo sempre per garantire le imprese. Se si riescono a garantire le imprese italiane che stanno in Russia meglio così».
A maggio Unicredit ha ottenuto da Consob una sospensione dell’offerta fino al 21 giugno. Il tempo aggiuntivo fino al 9 luglio dovrebbe appunto servire per chiarire gli aspetti legali sul decreto con cui a Pasqua il governo è intervenuto sull’operazione. Contro la sospensiva concessa dall’autorità di regolamentazione dei mercati e di Borsa ha fatto ricorso al Tar Banco Bpm. «Non penso che faremo marcia indietro, riteniamo particolarmente lesivo dei nostri azionisti, della nostra banca, dei nostri clienti questo ulteriore rinvio di un mese di un ops che oggi compie 190 giorni», ha commentato l’amministratore delegato dell’istituto di Piazza Meda, Giuseppe Castagna. Il manager ha poi aggiunto: « ci risulta, invece, che proprio ieri sera l’offerente ha richiesto al Tar l’annullamento della lettera di precisazioni del ministero». Nessuna replica da Unicredit. Il confronto amministrativo davanti al Tar, ovviamente, richiede atti procedurali che sono necessari a rispettare la formalità del procedimento, senza per questo essere in contraddizione con la volontà di confronto.
L’OK UE
Intanto da Bruxelles è arrivata una luce verde all’operazione promossa da Unicredit sulla banca milanese. La Commissione Ue non aprirà alcuna indagine approfondita in relazione a contributi finanziari concessi alle imprese europee da autorità fuori dall’Unione.
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