7 Giugno 2025
La controriforma della rana bollita


Il rischio è quello di non rendersi conto di superare il limite di non ritorno e, quindi, di non essere più in grado di salvarsi. Proprio come la rana che nuota in una pentola messa sul fuoco e si rende conto che sta per essere bollita dopo aver perso tempo a nuotare nell’acqua tiepida, apparentemente piacevole ma micidiale. «Le società sembra accettare passivamente il degrado sociale e ambientale, mai così invasivo e profondo ma occulto, che sembra episodico, che sta crescendo inesorabilmente, senza reagire per fermarlo. Eppure ne avrebbe la possibilità». Francesco Tamburella, coordinatore Programmi Future Respect, utilizza la metafora della “rana bollita” a proposito di quella che Future Respect, nella sua ultima ricerca, ha definito “La Controriforma della Sostenibilità”. Ovvero l’Omnibus Package annunciato dalla Commissione Europea il 26 febbraio di quest’anno. «La Commissione Europea, con il programma di semplificazione previsto nella Bussola per la competitività, si sta attivando per rendere le procedure burocratiche e gli adempimenti normativi per la rendicontazione delle questioni di sostenibilità, più semplice, mirata e meno gravosa», spiega Tamburella. «Ma semplificare non significa tagliare il progresso verso lo sviluppo sostenibile».

La stessa Bce, nella sua Opinion sulle modifiche proposte alla Csrd, richiama all’ordine, sottolineando che  non si tratta solo di rendicontazione, ma anche di gestione del rischio, sia finanziario che sistemico. E, sottolinea la Bce, le regole UE sulla sostenibilità sono parte integrante dell’architettura finanziaria europea, così come modificata dal GreenDeal. Così la Banca centrale europa raccomanda di non indebolire l’ambito di applicazione della Csrd e di far sì che le imprese medio-grandi restino incluse, seppure con standard di rendicontazione semplificati… ma obbligatori. E poi la Bce invita a escludere l’innalzamento delle soglie per le imprese di paesi terzi, per evitare di creare zone d’ombra informative per le aziende europee. E ancora: richiama alla chiarezza sul limite alla catena del valore, dato che banche e grandi aziende continueranno comunque a richiedere queste informazioni; invita a mantenere le richieste di disclosure rilevanti negli Esrs, in particolare per standard come E1 (clima) ed E4 (biodiversità), essenziali per la vigilanza prudenziale; richiama all’importanza di attuare concretamente (e rivedere annualmente da parte degli Stati membri) i piani di transizione della Csddd. Ridurre le regole di sostenibilità oggi, sottolinea la Bce, significa aumentare i rischi per la stabilità finanziaria domani.

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I primi effetti del pacchetto Omnibus si concretizzano con la pubblicazione della Direttiva 2025/794 che proroga gli obblighi previsti dalla Csrd e della Cddd: «Un primo passo per rispondere alle difficoltà concrete, sopratutto delle Pmi, nell’adozione accelerata di stringenti obblighi di rendicontazione e responsabilità lungo la catena del valore; in pratica prevede di semplificare e ridurre del 35% gli standard Esrs/Vsme senza delegittimare il Green Deal». Di fatto, circa l’80% delle aziende sarà esonerato dagli obblighi di reporting, mentre le grandi imprese dovranno continuare a garantire una rendicontazione dettagliata e trasparente di come hanno valorizzato i criteri Esg. È annullata la definizione degli standard settoriali. Le Pmi, escluse dall’obbligo, dovranno adottare standard Esg semplificati, implementando comunque procedure e processi proporzionati alla specifica dimensione e tipologia, sostanzialmente utili alla corretta valutazione da parte del mercato, in particolare per la partecipazione in catene di forniture afferenti a imprese di grandi dimensioni. Le grandi imprese, escluse quelle d’interesse pubblico, e le imprese madri di grandi gruppi dovranno presentare il bilancio di sostenibilità per gli esercizi che iniziano dal il 1° gennaio 2027 anziché quelli che iniziano dal 1° gennaio 2025; di conseguenza la prima pubblicazione avverrà dal 2028. Le Pmi quotate, escluse le microimprese, dovranno presentare il bilancio di sostenibilità per gli esercizi che iniziano dal il 1° gennaio 2028 anziché quelli che iniziano dal 1° gennaio 2026; di conseguenza la prima pubblicazione avverrà dal 2029. Per le grandi imprese, che sono enti di interesse pubblico con più di 500 dipendenti, non viene posticipata l’entrata in vigore degli obblighi di rendicontazione che resta dal 1 gennaio 2024. È stato preannunciato che l’obbligo di rendicontazione potrebbe essere ridotto alle imprese con più di 1000 dipendenti. Quanto alla modifica della Csddd sulla due diligence di sostenibilità, che prevedeva l’obbligo dal 26 luglio 2028 per le società europee con oltre 3.000 dipendenti e fatturato maggiore di 900 milioni di euro, oltre a quelle non europee che però nel continente hanno un fatturato maggiore di 900 milioni di euro, e dal 26 luglio 2029 per tutte le altre società rientranti nella direttiva, l’applicazione viene posticipata al 1° gennaio 2029 e 1° gennaio 2030 a seconda della categoria. «Gli obiettivi del Green Deal sono in sostanza mantenuti ma in questa fase economica e geopolitica occorre essere più cauti e metodici, semplici e pazienti», osserva il Coordinatore Programmi Future Respect. «Si vuole dare alle aziende più tempo per prepararsi all’implementazione del nuovo equilibrio e consentire di basarsi maggiormente sulle best practice e ridurre la loro dipendenza da servizi di consulenza e assistenza legale. Gli standard Vsme, compendio semplificato della Csrd, sono riferimenti a cui adattarsi in maniera personalizzata, flessibile e proporzionata, fermi restando i principi generali stabiliti dalla stessa Csrd; è raccomandato esporre le tematiche in maniera tale da poterle agevolmente allineare agli indicatori del bilancio economico-finanziario». Il principio base della Csrd è quello della doppia rilevanza, quello sulle attività interne e quello sulle attività all’esterno: «Questo principio non è più ineludibile in quanto l’Omnibus Package inserisce il principio “if applicable” che non modifica la “prospettiva della doppia materialità”, perché le aziende che rimangono nell’ambito dovranno comunque e sempre riferire su come i rischi per la sostenibilità influenzano la loro attività e sul loro impatto verso le persone e l’ambiente; in sostanza si rimane più liberi di stabilire quale delle rilevanze è più impattante, senza specificare le motivazioni.  Infine, tra le modifiche più concrete, indichiamo la riduzione a due dei modelli per la rendicontazione: Basic, con 11 obblighi informativi, e Comprehensive, con 20 obblighi informativi, di cui gli 11 del Basic. Addirittura questa riduzione può sembrare esagerata; si lascia alla libertà d’impresa virtuosa un’applicazione estesa, quando è conveniente.

Ma c’è un “ma”. «Peccato in tali interventi la “S” di Esg continui ad essere considerata la meno rilevante rispetto alla “E” e alla “G”. Tanto la Bussola quanto il pacchetto di sintesi Omnibus potrebbero ulteriormente ridurre l’attenzione sulle questioni sociali. Nelle prime ipotesi di semplificazione si ribadisce che “gli obiettivi climatici dovrebbero avere la priorità”». Morale: «La sostenibilità a trazione climatica, poco sensibile alle questioni sociali, rimarrà lontana dai cittadini, com’è accaduto finora». Basti pensare che, stando ai rilievi di Future Respect, neanche la metà delle imprese maggiori, obbligate alla rendicontazione di sostenibilità, sono in regola. E poco più dell’11% delle medie imprese e circa l’1% delle piccole ha redatto un Bilancio di Sostenibilità (BdS). «Le strategie di marketing adottate dalle imprese hanno strumentalizzato in maniera banale e talvolta equivoca i valori della sostenibilità, creando in pratica una sorta di rigetto. Addirittura, un consumatore su cinque crede che la sostenibilità sia tendenzialmente una montatura per valorizzare i prodotti e aumentare i prezzi». Avanti così, si rischia di fare davvero la fine della rana bollita”. E ora l’Omnibus Package va nella direzione di una considerevole riduzione della platea di imprese obbligate, compensandola con l’estensione dei soggetti volontari. «Ma non è un segnale di “liberi tutti” dall’impegno dello sviluppo sostenibile», conclude Tamburella: «le grandi imprese selezioneranno i fornitori considerando il rischio che comporta una gestione insostenibile, così anche il sistema finanziario, che considera la carenza di sostenibilità un rischio».

I dieci principali criteri che definiscono la qualità di un Report di sostenibilità:

• il linguaggio semplice, leggibile, alla portata di tutti, non solo degli addetti

• la rendicontazione che rispetti l’ordine d’importanza delle attività da riportare

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• la chiarezza e accessibilità dei temi tecnici possibilmente con infografica

• la completezza degli impatti positivi e negativi, con i piani d’intervento

• la contemporaneità e l’aggiornamento delle informazioni (altre nelle storia)

• la modalità chiara di come sono stati raccolti i dati, la eventuale verificabilità

• la confrontabilità di settore e anche generale, toglie i sospetti eventuali

• trattare le rendicontazione tenendo conto delle centralità umanistica

evitare citazioni e riferimenti estrapolati in maniera superficiale

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