
Le norme fiscali del Terzo settore entreranno in vigore dal 2026, senza alcuna autorizzazione da parte della Commissione UE: è quanto previsto dal Decreto fiscale approvato dal CdM del 12 giugno 2025.
Terzo Settore
Il Codice del Terzo Settore era stato pubblicato otto anni fa, ma la piena operatività non è ancora pervenuta per una serie di rinvii motivati dalla necessità di acquisire l’autorizzazione europea per alcune misure fiscali agevolative. Vi era il timore che potessero venir bloccate come aiuti di Stato non ammissibili.
Diciamo che l’unica disposizione operativa che avrebbe dovuto sospendere il provvedimento era l’avvio del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS), già operativo dal 23 novembre 2021. Da allora sono inutilmente passati quasi quattro anni, in cui stiamo ancora vivendo un vero e proprio caos normativo, sia per le disposizioni transitorie di questo Codice, sia per la normativa sulla ridefinizione dello scambio tra esenzione e non soggettività per alcuni enti non commerciali, scritta (male) dalla legge di conversione del DL 146/2021, la L. 215/2021, subito rinviata dalla legge di bilancio del 30 dicembre 2021 n. 234, e via via sino alla prossima scadenza del 1° gennaio 2026.
La data di decorrenza di tutte le disposizioni di questo Codice è fondamentale per la non semplice migrazione delle ONLUS, che non sono più previste e che dovranno cercare di inserirsi in una delle nuove qualifiche.
Molte ONLUS, pensiamo anche solo alle case di riposo, sono strutture di natura commerciale, e quindi penserebbero di collocarsi nelle imprese sociali. Peccato che la norma – sbagliatissima, da correggere, e non ancora in vigore (anche se è di contrario avviso la Banca dati del MEF, ma non Normattiva) – secondo cui alcune importanti esenzioni, come quelle per l’educazione o la sanità, competerebbero alle imprese lucrative ma non agli ETS di natura commerciale.
Peccato che la direttiva europea dice l’esatto contrario, che lo Stato può escludere solo gli enti lucrativi dalle esenzioni (articoli 132 e 133 della direttiva 2006/112/CE). È ormai storia la risposta negativa sulla spettanza dell’esenzione da IVA, rilasciata dell’Agenzia delle entrate ad un ente non profit che voleva costituirsi in impresa sociale (Risp. 15 luglio 2021 n. 475, seguito da altre risposte delle singole Direzioni Regionali).
Autorizzazione europea
La vicenda dell’autorizzazione europea per il non profit è, a dir poco singolare. Il 17 gennaio 2024 un europarlamentare italiano sollecita la risposta alla Commissione europea, con un quasi immediata replica del 15 febbraio, che per rispondere ad una istanza occorre che sia stata presentata.
Arriviamo così al 7 marzo 2025, quando la Commissione europea manda al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali una confort letter, in cui si dice che quasi nessuna delle norme agevolative del Codice necessita di una autorizzazione europea. Solo il regime fiscale dell’articolo 77 del Codice – Titoli di solidarietà – con tassazione agevolata dei loro frutti – richiede una formulazione positiva da Bruxelles.
Come conseguenza operativa, l’articolo 9 del Decreto fiscale stabilisce la decorrenza delle disposizioni fiscali del Terzo Settore, circoscrivendo l’autorizzazione al solo caso sopra rappresentato.
In modo esplicito viene stabilito che la normativa tributaria di tutto il codice entrerà in vigore dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2025.
Decorrenza quindi dal 1° gennaio 2026 per gli enti con esercizio ad anno solare, mentre per quelli “a cavallo” si dovrà aspettare la prossima scadenza. Per esempio gli istituti scolastici o formativi hanno l’esercizio dal 1° luglio al 30 giugno. La loro decorrenza sarà quindi quella del 1° luglio 2026.
Adempimenti degli ETS
L’altra questione da risolvere riguarda gli adempimenti degli ETS che passano dall’esclusione soggettiva (nessun adempimento IVA) all’esenzione. Gli enti di minore dimensione, che rappresenterebbero a numero il 95% dei soggetti, vivono in condizioni di “angoscia, ansia, preoccupazione” ed occorre pertanto “mettere in sicurezza gli ETS più piccoli” (dal resoconto stenografico del 14 aprile 2025 – audizione alla Camera del sottosegretario Maria Teresa Bellucci).
Non c’è niente da inventare: gli articoli 292-bis a 292-quinquies della direttiva consentono di esonerare da qualsiasi adempimento – compresa l’apertura della partita IVA (utile per evitare il reverse charge su alcuni acquisti) – i soggetti (non solo persone fisiche) i cui corrispettivi dell’attività commerciale non superano 85.000 euro.
Anche senza registri IVA, gli enti del Terzo Settore sono tenuti alla contabilità per il rendiconto di gestione, con la pubblicazione del bilancio nel Registro, e pertanto esiste già lo strumento per controllare la correttezza delle loro informazioni finanziarie.
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