
Le azioni internazionali stanno vivendo un momento d’oro, ma molte grandi multinazionali straniere restano vulnerabili alla guerra commerciale, proprio come quelle americane. È per questo che sorprende il fatto che le piccole imprese estere, potenzialmente più protette dai dazi, stiano rendendo meno rispetto ai colossi globali.
L’Etf Vanguard Ftse All-World ex Us SmallCap (Vss) è cresciuto del 14,7% dall’inizio dell’anno, un risultato inferiore rispetto a fondi focalizzati sulle large cap come l’iShares Msci Acwi ex Us (+16%) e l’iShares Msci Eafe (+17,9%). Questi ultimi investono soprattutto in multinazionali con ampie esposizioni verso gli Stati Uniti. Al contrario, le piccole aziende tendono a operare a livello locale, offrendo così vantaggi unici in termini di diversificazione.
A differenza degli Stati Uniti, non tutte le small cap straniere sono realtà di nicchia vulnerabili alla concorrenza dei giganti. Alcune detengono posizioni dominanti nei loro mercati nazionali, come l’irlandese C&C Group (produttrice di sidro) o Magyar Telekom, operatore ungherese con una quota di mercato del 50%.
Entrambe sono detenute dal fondo Brandes International Small Cap Equity, uno dei più performanti nella categoria.
Le aziende non esposte ai dazi
«Un’azienda come Magyar Telekom non risente dei dazi imposti ad altri paesi», spiega il gestore Mark Costa. «Possedere una telco che opera esclusivamente in Ungheria, con metà del mercato in mano, è una strategia difensiva: non c’è rischio di cambio né commerciale. È come comprare l’equivalente di AT&T, ma a una valutazione molto più bassa». Magyar, infatti, ha un rapporto prezzo/utili (p/e) di 9, contro una media di 21 per l’S&P 500 e 15 per l’Etf iShares Msci Eafe.
Il settore richiede spesso una gestione attiva. L’Etf di Vanguard contiene quasi 4.800 titoli, molti dei quali poco liquidi o poco seguiti dagli analisti. Al contrario, il fondo Brandes concentra gli investimenti in 50-80 titoli selezionati con cura, e negli ultimi cinque anni ha registrato un rendimento annualizzato del 25,6%, rispetto al 9,5% dell’Etf Vanguard, nonostante un costo di gestione decisamente superiore (1,32% contro lo 0,08%).
«La conoscenza diretta è fondamentale», afferma Dariusz Czoch, gestore di Federated Hermes International Small-Mid Company. «Parliamo direttamente con ceo e fondatori; facciamo tra i 200 e i 250 incontri all’anno». Il fondo di Czoch ha battuto il 91% dei suoi concorrenti nella categoria Foreign Small/Mid Growth, con un rendimento annuale del 10,3% negli ultimi cinque anni.
I fondi attivi orientati al valore (value) sono stati particolarmente brillanti di recente, anche se in passato hanno prevalso quelli orientati alla crescita (growth). Mentre l’Etf iShares Msci Eafe Small-Cap si concentra sui mercati sviluppati, il fondo di Vanguard include anche quelli emergenti. Negli ultimi cinque anni, l’indice Msci Eafe Small Cap Value ha reso il 12% annuo contro il 6,2% dell’indice Growth, ma prima del 2021 erano questi ultimi a primeggiare.
Le small cap più performanti
«La pandemia ha portato maggiore attenzione alla valutazione», osserva Lance Cannon, gestore di Hood River International Opportunity, una strategia di crescita che ha ben tenuto durante il recente ritorno del value investing. «Cerchiamo aziende di alta qualità, ma non siamo disposti a pagarle troppo care».
Secondo Morningstar, le small cap orientate alla crescita sono spesso più economiche all’estero. Il fondo di Federated ha un p/e medio di 15, quello di Hood River è a 14. Entrambi stanno trovando buone opportunità in aziende domestiche lontane dalla guerra commerciale. Czoch cita Japan Elevator Service Holdings, principale operatore giapponese nella manutenzione di ascensori. «Cresce stabilmente, aggiungendo circa 10 mila nuovi impianti all’anno», dice. «Con un margine di profitto del 23%, è un’azienda solida e resiliente».
Tra le valutazioni più basse in circolazione c’è il fondo Pzena International Small Cap Value, con un p/e medio di 10 e un rendimento del 18,3% annuo negli ultimi cinque anni. Il gestore Jason Doctor seleziona solo il quintile più economico del mercato small cap globale, investendo in 40-60 titoli. Tra questi figurano Hornbach Holding, retailer tedesco del fai-da-te, e Ariston Holding, produttore italiano di scaldabagni. Entrambe puntano sulla ripresa del consumatore europeo, favorita dall’aumento della spesa pubblica e militare in un contesto politico americano sempre più isolazionista.
Queste aziende sembrano ben posizionate per beneficiare degli stimoli fiscali senza subire gli effetti negativi dei dazi. E, per gli investitori attenti, rappresentano un’occasione difficile da ignorare. (riproduzione riservata)
(Translated from the original version by Milano Finanza Editorial Staff)
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