21 Giugno 2025
Fuori dal carcere ma senza lavoro, in Piemonte solo 53 aziende assumono ex detenuti


Sono solo 53 le imprese che, in Piemonte Liguria e Valle d’Aosta, hanno intrapreso ad oggi un percorso di lavoro con i detenuti, contro le 165 della Lombardia e le 138 della Toscana; 509 i detenuti che hanno firmato un contratto l’anno scorso. Questo il dato emerso dalla conferenza stampa sulle «opportunità della Legge Smuraglia» a cui ha partecipato il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, insieme alla vicepresidente della Regione Elena Chiorino e al direttore del Dap Ernesto Napolillo.

La norma prevede agevolazioni fiscali: credito d’imposta fino a 520 euro al mese per ogni detenuto assunto, e 300 euro per i semiliberi; ulteriori incentivi in caso di percorsi di formazione abbinati all’assunzione; riduzione dell’aliquota contributiva fino al 95% o 100% in base alla tipologia d’azienda; estensione del beneficio anche alle aziende pubbliche e private che assumono detenuti ammessi al lavoro esterno.

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Il tour istituzionale per promuovere la Legge Smuraglia

Il “tour” dell’Italia di Delmastro ha l’obiettivo di promuovere questo provvedimento nelle varie Regioni: «Nel nuovo contestatissimo dl sicurezza, c’è una norma per cui il Ministero della Giustizia e del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria hanno l’obbligo di adeguare il regolamento di esecuzione penale alle necessità dell’impresa. Il lavoro non è un premio, ma una palestra di cittadinanza – ha aggiunto –. Un detenuto che lavora ha solo il 2% di possibilità di tornare a delinquere, contro il 70% degli altri. Il lavoro dà dignità, senso del dovere e speranza. È il più potente strumento di giustizia sociale e sicurezza. Il lavoro riduce la frustrazione, previene i suicidi, restituisce motivazione e alleggerisce il carico su chi lavora ogni giorno negli istituti. È quindi un investimento in dignità e sicurezza per tutti».


La questione del sotto organico in Piemonte e Torino

Ma come fare, in Piemonte e Torino, con un sotto organico del 50% e senza i magistrati di sorveglianza? «Io credo – ribatte Delmastro – che l’organico non possa essere mai nella vita una scusa per fare ciò che si deve fare e questo vale in tutti i settori della pubblica amministrazione: anche la Polizia Penitenziaria ha carenze di organico, anche il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ma tutti in ogni caso dobbiamo lavorare.

Tutto ereditato dalle catastrofiche gestioni di chi ci ha preceduto, tant’è vero che noi abbiamo già bandito i concorsi per saturare la pianta organica dei togati entro il termine del nostro governo, raggiungendo un traguardo epocale mai raggiunto in età repubblicana. Il nome e il cognome di questa mancanza di organico è Madia, con una legge che ha flagellato il pubblico.

La mancanza di organico non deve più essere una scusa in tutta l’Italia, in tutti i campi per dire che non dobbiamo traguardare gli obiettivi che ci poniamo, perché altrimenti potremmo dichiarare il fallimento dell’Italia, dato che un po’ in tutti i campi purtroppo vi è mancanza di organico, a cui questo governo sta ponendo mano, a differenza che nel passato».

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Formazione professionale in carcere: gli investimenti del Piemonte

«Ad oggi la regione Piemonte tra formazione professionale in carcere e lo sportello lavoro – spiega Chiorino – investe ogni anno circa 3 milioni di euro. I numeri non sono ancora soddisfacenti sui reinserimenti lavorativi, possiamo fare di più, ma stiamo lavorando per accompagnare al meglio le aziende e inserire sempre più percorsi di formazione con il rilascio di una qualifica».


L’impegno di Confindustria per il reinserimento lavorativo

Con loro anche la presidente dei Giovani industriali Barbara Graffino: «Come Sistema Confindustria stiamo lavorando attivamente per costruire dei protocolli che sanciscano un’alleanza concreta del territorio con tutti i facenti parte di questa filiera e che ci consentano come imprenditori di poter davvero reinserire i carcerati al lavoro potendo dare una seconda opportunità.

Vero, c’è ancora resistenza da parte delle aziende, ma quando poi avviene l’effettivo reinserimento tutta l’organizzazione ne trae un elemento positivo, le persone sono felici di poter dare una seconda occasione, quindi dobbiamo un po’ vincere questo stigma culturale, ma io sono convinta che ci riusciremo».



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