22 Giugno 2025
Villa Pamphili, Marco Perotti, il produttore- socio di Kaufmann, nel mirino del ministero: bloccati i fondi per altri 3 film. Giuli: «Ora stretta sui requisiti»


La tragedia di Villa Pamphilj ha acceso i riflettori sui finanziamenti pubblici al cinema. Dopo l’arresto di Francis Kauffman alias Rexal Ford alias Matteo Capozzi, sono scattate le indagini del ministero sugli 836.439,08 euro concessi come credito d’imposta al fantomatico film “Stelle della notte” che l’americano ora sospettato di due omicidi sosteneva di voler girare a Roma. E che non sarebbe mai stato realizzato. A chiedere l’agevolazione fiscale, presentando una documentazione apparentemente in regola e perfino il link di alcune scene girate, era stato il produttore italiano Marco Perotti che tuttavia già da tempo era finito nel mirino degli ispettori del ministero: è stata infatti attivata la procedura di revoca per tre dei 12 progetti per cui tra il 2020 e il 2023 l’imprenditore con la sua società Coevolutions aveva ottenuto i finanziamenti fra tax credit e contributi selettivi. I tre progetti sono i film “Il discepolo” di Luigi Cecinelli che aveva avuto 685 mila euro, “Bagamoyo – lascia il tuo cuore” di Antonio De Feo (250 mila) e la serie “RS -33” sempre di Cecinelli (70 mila). E per altri cinque Perotti ha ceduto alle banche il credito d’imposta che gli era stato accordato: il famigerato “Stelle della notte”, “Millions of Cards” di Yvan Lemoine (345.028), “The Painter Cat” di Dhananjay Galani (835.626,43), “Forza” di Marco Vincenzo Balsamo (467.923,20), “Regine di quadri” di Anna Testa (351.440,50).

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

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IL DETTAGLIO

Il ministero, che ogni anno gestisce oltre mille pratiche, non ha mai smesso di esercitare i controlli sui finanziamenti concessi: «Attualmente sono 185 gli accertamenti attivati per un totale di 347 milioni e già 122 opere sono state segnalate alla Guardia di Finanza», ha rivelato la sottosegretaria Lucia Borgonzoni. Il tax credit (che con il suo 40 per cento è tra i più alti d’Europa) esiste da tempo e nel 2016 è stato potenziato dall’allora ministro Dario Franceschini. Risultato: il cinema italiano ha registrato una notevole crescita e molte produzioni straniere sono venute a lavorare nel nostro Paese.

IL POST-PANDEMIA

Ma in seguito alla pandemia, che ha rischiato di disintegrare l’industria, si sono verificati eccessi e storture che hanno suggerito la riforma del meccanismo. Già l’anno scorso il ministro Gennaro Sangiuliano aveva introdotto delle restrizioni tra cui l’abolizione dei costi esteri, il divieto delle forniture “a cascata” cioè i subappalti, l’obbligo per i film sovvenzionati di uscire in sala o essere programmati dalle piattaforme, fatture più chiare. Con i suoi tempi lunghi, la riforma ha comportato il blocco della produzione ma nel novembre scorso le domande di finanziamento sono state riaperte mentre tre proposte di legge (del Pd, di FI, della Lega più una mozione del M5S) prospettano un nuovo assetto del settore, magari attraverso la creazione di un’Agenzia solo per il cinema. E il ministro Alessandro Giuli, che il 6 giugno scorso ha incontrato una delegazione di cui facevano parte anche Claudio Santamaria, Giuseppe Fiorello, Andrea Occhipinti, Vittoria Puccini, annuncia per domani ulteriori correttivi del tax credit (maggiore tracciabilità dei flussi finanziari, più vincoli sulla documentazione) con verifiche retroattive «per impedire abusi». Spiega, il ministro: «Nessun film fantasma potrà più approfittare delle risorse pubbliche. Basta sprechi: i soldi dei contribuenti devono andare solo a chi fa davvero cinema». Il cinema, un’industria che dà lavoro a 120 mila persone, vuole liberarsi di truffatori e furbetti: alla luce del clamore di questi giorni Alessando Usai, il presidente dell’Anica (oltre 200 imprese con un fatturato complessivo di 2,5 miliardi di euro) ha proposto l’istituzione di un albo dei produttori limitato a chi ha le credenziali giuste. «Mi sono confrontato con la categoria», spiega, «riscontrando la volontà unanime di liberarsi degli approfittatori che screditano il nostro settore a danno di migliaia di lavoratori». La sua proposta fa discutere i produttori. «L’idea dell’albo non è una novità», afferma Gianandrea Pecorelli, «un sistema per delimitare il campo sarebbe utile, ma come fai a chiudere il settore? Bisogna incrementare i controlli e non concedere aiuti anche automatici a chi ha commesso irregolarità». Dice invece sì all’albo Riccardo Tozzi: «Sono assolutamente d’accordo», dichiara il titolare di Cattleya, «oggi tantissimi si dichiarano produttori. Ma devono far sapere cosa hanno fatto. E se sei uno che inizia, spiega quali sono i tuoi progetti. Una commissione di esperti ci mette un attimo a separare i professionisti dai truffatori e dai velleitari».
Gloria Satta
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