23 Giugno 2025
Nucleare bocciato da Bankitalia: “Non abbassa i costi delle bollette”


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Il ritorno del nucleare in Italia – per la produzione di elettricità – porterebbe a una serie di vantaggi. Ma non consentirebbe di abbassare i prezzi dell’energia. Uno studio pubblicato sul sito di Bankitalia, fa il punto sulle ambizioni “atomiche” del governo, supportato da industriali e parte dell’opposizione. In sintesi, il nucleare favorirebbe la stabilizzazione dei prezzi dell’energia elettrica e avrebbe un contributo importante limitare le emissioni. Ma, d’altra parte, non servirebbe ad abbassare le bollette di cittadini e imprese. Per non parlare della totale incertezza sui tempi di costruzione.

Un contributo che va al di là di ogni possibile polemica. Perché basato su dati oggettivi e un’ampia letteratura. Oltre ad avere un titolo che merita applausi: “L’atomo fuggente”, è lo studio realizzato da Luciano Lavecchia e Alessandra Pasquini e ha come sottotitolo “Analisi di un possibile ritorno del nucleare in Italia“. Uno studio tra luci e ombre che ciascuno, leggendolo, può giudicare da solo. Ma di sicuro contraddice una delle narrazioni favorite dal fronte dei favorevoli al ritorno del nucleare: non abbasserà il costo dell’energia.

Come noto, il governo meloni – appoggiato dalle associazioni industriali – ha varato una Piattaforma Nazionale per un Nucleare Sostenibile, nata nel settembre 2023 per volontà del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), con lo scopo di valutare la fattibilità di un ritorno del nucleare in Italia22.  “Nel suo rapporto finale – si legge nel report Bankitalia – suggerisce un processo graduale che vede l’impiego delle nuove tecnologie modulari di piccole dimensioni ad ora in progettazione, introdotte secondo le tempistiche attualmente previste dai produttori (gli SMR a partire dal 2030, gli AMR di quarta generazione verso il 2040)“.

Il “design” di un mini reattore nucleare

La posizione del governo: “Il nucleare sarebbe economicamente ed energicamente conveniente”

Con quali obiettivi secondo il governo? “La capacità installata tra il 2030 e il 2050 sarebbe pari a circa 8 GW. I nuovi impianti sarebbero tra 22 e 42, e la loro produzione coprirebbe l’11 per cento (64,2 TWh) del fabbisogno elettrico stimato al 2050“.  Secondo il PNIEC (Piano nazionale per l’energia e il clima) l’installazione di mini-reattori sarebbe “economicamente ed energeticamente conveniente”. E consentirebbe sia di soddisfare un maggior fabbisogno di energia (rispetto a uno scenario senza nucleare). Sia di ridurre la produzione di energia da combustibili fossili.

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Nucleare: più stabili i prezzi dell’energia, ma non li abbassa

Questa la posizione che gli esponenti del governo ripetono oramai da mesi. Ma è proprio così? Per i due ricercatori del paper che si legge sul sito Bankitalia le cose stanno un po’ diversamente. “Si conferma che l’elettronucleare, in sostituzione delle fonti fossili, potrebbe svolgere un ruolo nel ridurre la volatilità del prezzo dell’elettricità. In particolare grazie alla possibilità di utilizzare forme di contratti a lungo termine), ma difficilmente avrebbe un impatto significativo nel contenimento del livello dei prezzi finali. E per quale motivo?Ciò è dovuto principalmente al modello di funzionamento del mercato elettrico. Dalla struttura delle componenti tariffarie e degli oneri che contribuiscono a definire il prezzo finale dell’elettricità“.

L’ex centrale nucleare di Caorso

Dipendenza energetica: con il nucleare si eliminano o quasi le importazioni di fossili. Ma si torna nelle mani di Russia e Cina

I sostenitori del ritorno del nucleare inoltre, sostengono che grazie ai nuovi reattori nonc i sarebbe più dipendenza dall’estero per i combustibili fossili. Anche qui il testo Bankitalia precisa come stanno le cose. “Sul versante della dipendenza energetica gli effetti sarebbero ambigui. Se da un lato l’introduzione del nucleare in Italia potrebbe ridurre le importazioni di combustibili fossili e di energia. Dall’altro sarebbe necessario importare il combustibile e la tecnologia per produrre energia da questa fonte”.

Non è tanto l’approvvigionamento di materia prima il punto principale. I limiti sono industriali e tecnologici. “Le fasi del processamento, arricchimento e preparazione delle barre di combustibile sono
concentrate in pochi impianti. E in gran parte in paesi con un elevato rischio geopolitico (Russia in
primis)”. Per quanto riguarda la dipendenza tecnologica? “Negli ultimi 25 anni il
primato della realizzazione degli impianti nucleari si è spostato da Europa e Nord America verso,
principalmente, Cina e Russia“. In sostanza si tornerebbe nelle mani della Russia (come per il gas). E della Cina (come avviene per pannelli, pale eoliche e batterie).

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Nucleare: abbatte le emissioni di CO2, ma ci sono le scorie

Non c’è dubbio che il nucleare avrebbe un ruolo positivo per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione. “Il nucleare – si legge ancora – presenta da un lato i vantaggi delle rinnovabili, in termini di ridotte emissioni di gas serra life-cycle. E vantaggi superiori a tutte le altre fonti low carbon in termini di consumo del suolo“. Ma anche in questo caso ci sono aspetti negativi da considerare. “Questi vantaggi sono tuttavia da confrontare con i rilevanti impatti sull’ambiente derivanti, principalmente, dal processo di gestione delle scorie. La cui valutazione, dato l’orientamento su
tecnologie ancora in fase sperimentale, non risulta possibile”. E l’Italia non ha ancora un deposito nazionale delle scorie.

Tempi di realizzazione: “Governo eccessivamente ottimista”

I due ricercatori, infine avanzano anche dubbi sui tempi di realizzazione degli impianti così come previsti dal governo. “I ritardi che hanno caratterizzato la costruzione dei pochi prototipi operativi
(in Russia e Cina) o in costruzione suggeriscono di guardare con cautela ai tempi con i quali i nuovi
reattori modulari saranno disponibili“. Ma non solo. “Occorre considerare i tempi di

adattamento delle tecnologie ai criteri di sicurezza che verranno definiti in Italia” Morale: si tratta di di fattori che “suggeriscono che uno scenario che vede l’installazione delle nuove tecnologie nucleari in Italia già nel prossimo decennio potrebbe essere eccessivamente ottimistico“.



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