
AWS conferma il suo ruolo di abilitatore dell’innovazione nelle imprese, attraverso un’offerta di componenti che continua a crescere
C’è una sottile linea che separa l’inevitabile ma inutile hype che riguarda la GenAI e il molto di buono che realmente essa può portare alle imprese. L’AWS Summit 2025 di Milano ha cercato di non superare questa linea, collocando i messaggi “trasformativi” sull’AI generativa in una doppia prospettiva concreta. Da un lato, delineando l’approccio ideale alla GenAI come un percorso a tappe e non come una semplice adozione di componenti e servizi rivoluzionari. Dall’altro, ricordando il ruolo che AWS stessa ha scelto di ricoprire: un fornitore di componenti abilitanti che lascia ai suoi clienti il compito di combinarli per creare l’innovazione che serve loro. Il messaggio che ne deriva è che la “rivoluzione” così spesso citata di questi tempi non si fa da sola: servono anche e soprattutto le buone idee delle imprese.
Buone idee che, secondo Julien Groues, VP France & Europe South AWS, devono guidare l’adozione della GenAI in quattro fasi successive che si distinguono per il valore principale che le viene di volta in volta attribuito. In una prima fase è la produttività, che si cerca di aumentare sviluppando chatbot e assistenti intelligenti. Segue poi la fase in cui la Generative AI migliora i processi dell’azienda, in particolare occupandosi delle attività ripetitive e a basso valore aggiunto.
Poi – ed è qui che per AWS inizia davvero a “sbloccarsi” il vero valore della GenAI – l’Intelligenza Artificiale generativa viene utilizzata per sviluppare prodotti e servizi completamente nuovi, che prima non erano possibili. Infine, la quarta fase è il salto alla novità del momento: l’Agentic AI, quindi lo sviluppo e l’adozione di agenti mirati e specifici di AI, in grado di “prendere decisioni e risolvere problemi in autonomia ma sempre sotto il controllo e la supervisione umana”, spiega Groues.
Julien Groues, VP France & Europe South AWS
Sulle prospettive concrete della Agentic AI il dibattito è ancora aperto, ma per Groues ci sono pochi dubbi sul fatto che questo sia il momento giusto perché le aziende italiane accelerino la loro innovazione, sfruttando appieno le possibilità del cloud e dell’AI per far affermare il buon vecchio Made in Italy in mercati sempre più competitivi. Secondo il manager di AWS, le eccellenze italiane si distinguono grazie agli strumenti che usano, l’esperienza maturata nel tempo, le competenze personali. Un paradigma che vale anche nell’era del digitale, con il cloud che è “la nuova cassetta degli attrezzi” mentre dati ed AI creano ed estendono un circolo virtuoso di conoscenze e competenze. “I dati sono la nuova saggezza – spiega Groues – e l’esperienza può essere preservata digitalmente, analizzata e trasformata in valore di business. Le persone, comunque, rimangono al cuore di questa trasformazione”.
Costruire su una base solida
Nandini Ramani, VP of Search, Observability and Cloud Operations AWS, illustra meglio il ruolo che AWS preferisce svolgere come nuova cassetta degli attrezzi per chi sviluppa nuovi prodotti e servizi: “Noi forniamo i ‘mattoncini’ che servono a costruire quello che immaginate. Questo concetto è la base di come facciamo innovazione in AWS: realizziamo servizi che svolgono ciascuno un determinato compito davvero bene e rendiamo semplice combinarli insieme”. Ovviamente, le cose sono un po’ più articolate di così. Combinare semplicemente componenti innovativi è possibile, spiega Ramani, se “sotto” i mattoncini c’è una infrastruttura che opera ad elevate prestazioni su scala globale, garantendo una attenzione assoluta alla sicurezza dei dati. Ma anche se i vari mattoncini evolvono costantemente nel tempo seguendo le evoluzioni sia tecnologiche sia nei profili di consumo degli utenti.
Così nell’era della GenAI, ad esempio, le classiche istanze di computing in cloud AWS EC2 non sono certamente più quelle di una volta: ce ne sono oltre 750 versioni per qualsiasi esigenza di elaborazione e i frutti della collaborazione storica con Nvidia si vedono anche qui, con le nuove istanze P6 che “impacchettano” processori Xeon e GPU Nvdia Blackwell di ultima generazione. Come nella parte computing e AI si vedono anche i frutti dello sviluppo interno di AWS: i processori Graviton (“durante gli ultimi due anni abbiamo installato nei nostri data center più processori Graviton che qualsiasi altro tipo di CPU”, sottolinea Ramani) e i chip Trainium per la parte inferenziale e di addestramento dell’AI.
Nandini Ramani, VP of Search, Observability and Cloud Operations AWS
Gli sviluppi che si sono succeduti in AWS per la componente computing sono solo un esempio del modello di innovazione di quest’ultima: miglioramenti iterativi costanti accompagnati da “salti” di innovazione non lineare. Un modello che è stato applicato trasversalmente: dalla parte storage al comparto serverless, dal mondo database all’edge computing, e così via. Con potenziamenti che a volte vengono pienamente apprezzati solo dai più tecnici che finiranno per sfruttarli, ma che comunque nel complesso semplificano l’innovazione nelle imprese.
Questa semplificazione non sarà magari un concetto mediatico “da hype” come, oggi, lo è la GenAI, ma è un fattore essenziale per chi fa innovazione nelle imprese. Perché “viviamo in un’epoca dove l’innovazione tecnologica viaggia ad una velocità senza precedenti”, ricorda Giulia Gasparini, Country Leader AWS Italia, e serve velocizzare il più possibile il percorso tecnologico che c’è tra una nuova idea di business e la sua realizzazione. Senza farsi spaventare dalla metaforica cassetta degli attrezzi di AWS, che sta diventando sempre più ricca e articolata. Anzi, dal punto di vista dell’hyperscaler questa ricchezza dovrebbe essere piuttosto uno stimolo: oggi, sintetizza Gasparini, “la curiosità e la voglia di imparare sono competenze fondamentali per chiunque, in qualunque ruolo o industria”.
Si tratta peraltro di un approccio che Andy Jassy, CEO di Amazon, ha caldamente consigliato ai suoi stessi dipendenti. In una sorta di lettera aperta sugli impatti della GenAI in Amazon, qualche giorno fa ha invitato i colleghi a “essere curiosi sull’AI, istruirsi, partecipare a workshop e corsi di formazione, utilizzare e sperimentare l’AI ogni volta che si può”. Il messaggio, nemmeno troppo velato come è consuetudine statunitense, è che chi non governa gli strumenti abilitati dalla GenAI rischia di essere superato dalla tecnologia.
“L’introduzione dell’AI generativa e degli agenti – spiega infatti Jassy – dovrebbe cambiare il modo in cui viene svolto il nostro lavoro. Avremo bisogno di meno persone che svolgano alcuni dei lavori che vengono svolti oggi e di più persone che svolgano altri tipi di lavoro. È difficile sapere con esattezza quale sarà il risultato di tutto questo, ma nei prossimi anni prevediamo che la forza lavoro totale dell’azienda si ridurrà, grazie ai guadagni di efficienza derivanti dall’utilizzo esteso dell’AI”. Si può essere d’accordo o meno con la visione di Jassy, ma nel dubbio è meglio essere capaci di svolgere quegli “altri tipi di lavoro” a cui fa riferimento. Su una scala diversa, il discorso probabilmente varrà anche per le imprese.
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