
Inceneritore di fanghi a Marghera: bocciato. La decisione è stata presa dalla commissione Via regionale e poi dalla conferenza dei servizi convocata questa mattina 25 giugno 2025 per autorizzare o meno la proposta avanzata dalla società Eni Rewind di costruire un inceneritore di fanghi da depurazione civile a Porto Marghera, per lo smaltimento di 190 mila tonnellate all’anno di fanghi provenienti da depuratori civili e industriali del territorio veneto e da fuori regione.
Dopo questa decisione, si interrompe l’iter autorizzativo, come spiega la giunta regionale in una nota, essendo il pronunciamento di compatibilità ambientale presupposto necessario per il proseguimento del procedimento.
Il comitato tecnico regionale per la Valutazione di impatto ambientale (CTR VIA) «ha ritenuto che non siano state acclarate tutte le garanzie di irrilevanza dell’impatto ambientale e sanitario dell’iniziativa proposta da Eni – si legge ancora in una nota della Regione –, in particolare per le criticità sottolineate dall’Istituto Superiore di Sanità e dalle autorità sanitarie locali, in un contesto delicato e gravato nel tempo da rilevanti pressioni ambientali come è quello di Porto Marghera, secondo il principio della cosiddetta “giustizia ambientale”. Tra i principali aspetti tecnici considerati non sufficientemente chiariti, la combustione dei pfas a temperature di combustione ritenute insufficienti per una completa degradazione delle molecole inquinanti».
«Sottolineando l’indipendenza delle scelte del Comitato VIA, com’è giusto che sia in un ambito prettamente tecnico, si conferma comunque l’attenzione che la Regione ha per ogni aspetto collegato a tematiche ambientali, e relativo alla sicurezza e alla salute dei cittadini» commenta l’assessore regionale all’Ambiente Gianpaolo Bottacin.
«La decisione rappresenta un segnale chiaro: la tutela della salute pubblica è prioritaria, soprattutto in territori già gravati da decenni di inquinamento com’è quello di Porto Marghera – dichiara Roberto Marcato, assessore allo Sviluppo economico con delega alla Legge Speciale per Venezia e alla Riconversione del polo di Marghera -. In un’area che ha pagato un prezzo altissimo in termini ambientali e sanitari, non possiamo più insediare progetti che non offrano garanzie assolute sotto il profilo della sicurezza e della salute. Il futuro di Marghera è una transizione industriale sostenibile, che punti su bonifiche, tecnologie pulite e nuova occupazione verde: in questo ci aiuta la ZLS Porto di Venezia – Rodigino, che con i primi insediamenti di imprese italiane ed estere può rappresentare davvero una rinascita per l’area di Marghera».
La battaglia dei comitati
Contro il progetto si è mosso negli ultimi tre anni un ampio movimento che ha studiato e manifestato a lungo, ha sollevato il problema del rischio che l’impianto bruciasse i pericolosi inquinanti Pfas, e ha diffidato formalmente Regione Veneto, i Comuni di Venezia e di Mira e tutti gli enti chiamati a decidere sul nuovo impianto.
A pesare nella decisione della conferenza dei servizi anche il parere negativo sull’impianto espresso dall’Istituto Superiore di Sanità, a cui la Regione Veneto si era rivolta, preoccupata per la la possibile presenza di inquinanti nei fanghi, tra cui anche i famigerati Pfas, gli “inquinanti eterni”. L’ISS, nel documento risalente al febbraio 2024, ha analizzato la valutazione di impatto sanitario presentata da Eni Rewind giudicandola insufficiente.
Questo il commento di Mattia Donadel del Coordinamento No Inceneritori di Porto Marghera: «Questi impianti, sia per i fanghi che per i rifiuti urbani, sono pericolosissimi, perché inquinano l’aria, le acque e i suoli. Il problema dei Pfas c’è, ma va risolto in un’altra maniera. Bisogna investire in ricerca, non si può spacciare l’inceneritore come una soluzione, quando invece rischia di diventare un problema ancora più grosso».
Il Coordinamento No Inceneritori ha diffuso un comunicato in cui si legge: «Avevamo promesso a Eni che di qui non sarebbero passati, e non sono passati! È una vittoria importantissima e di portata storica per un territorio che ha pagato un prezzo altissimo, in termini di vite umane perse e di degrado ambientale, a causa di decenni di industrializzazione dissennata, che ha privilegiato il profitto sopra tutto e sopra tutti, creando la diffusa opinione che la popolazione non ha mai voce in capitolo su questioni così importanti».
«Questa sentenza – afferma il Coordinamento – non vale solo per Eni, perché ora il problema della salute, dei Pfas e dell’inquinamento ambientale non potrà più essere ignorato né per l’inceneritore di Veritas, né per quelli di Padova, di Schio, di Verona e di Loreo. Il problema della gestione dei rifiuti, dei fanghi e dei Pfas sono un dato di fatto, ma la soluzione non sta nel creare un problema ancora più grave. È necessario aprire al confronto con i comitati, con le associazioni ambientaliste, con le popolazioni, investire in ricerca, e soprattutto assumere come paradigma che la tutela della salute e dell’ambiente vengano prima dei profitti e di ogni altra cosa».
Infine il Coordinamento rilancia: «È necessario bloccare immediatamente la seconda linea di Veritas; chiediamo alla Regione e a Arpav di avviare studi approfonditi intorno agli inceneritori, con il supporto di Cnr e Ispra, per verificare il livello di contaminazione da Pfas nei suoli, nelle acque, e negli alimenti».
Le opposizioni festeggiano
La consigliera regionale del Movimento 5 Stelle Erika Baldin commenta: «Il parere negativo espresso in sede di Commissione per la valutazione d’impatto ambientale, e quindi il diniego da parte della conferenza di servizi convocata per oggi rendono ragione alla battaglia delle popolazioni coinvolte, dei comitati ambientalisti e dei Consigli comunali del territorio, da sempre contrari».
«Ora, a maggior titolo – rivendica l’esponente del M5S – si riapre la grande questione ambientale e occupazionale della chimica a Marghera. La transizione ecologica, i fondi del PNRR ottenuti dal governo Conte II e l’istituzione della Zona Logistica Semplificata non possono più aspettare, per consentire a chi vi lavora di non subire riflessi in termini di malattie professionali, e a chi abita l’area di non rischiare alcunché per la propria salute».
Arriva anche il commento dell’eurodeputata dei Verdi, ed ex consigliera regionale, Cristina Guarda: «Finisce qui la storia di un progetto pericoloso, al quale come Verdi ci siamo opposti fin dall’inizio, incalzando le istituzioni locali e regionali e stando al fianco dei comitati e delle associazioni. Oggi vincono loro, le cittadine e i cittadini che per anni hanno lottato chiedendo trasparenza, anzitutto sui dati relativi alla contaminazione di un’area fortemente compromessa come quella di Porto Marghera».
«L’emergenza Pfas – prosegue Guarda – va affrontata con gli strumenti della prevenzione e della scienza. Serve investire per trovare nuove ed efficaci tecniche di smaltimento e bloccare la contaminazione all’origine. Come Verdi, ci battiamo per il divieto universale dei Pfas a livello europeo, accompagnato da un serio programma di ricerca e sviluppo. Alcune imprese hanno già dimostrato che è possibile produrre senza l’uso degli ‘inquinanti eterni’, ma dobbiamo accelerare questa transizione».
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