
La direttrice del Dipartimento di Scienze politiche della Federico II: «In Campania e nel Sud grandi potenzialità, manca una governance capace di integrare e di dare futuro a queste eccellenze»
«La Campania fa da traino per il Mezzogiorno ma persistono criticità come il sommerso, il lavoro povero e la fuga dei laureati». La professoressa Paola De Vivo, sociologa economica e direttrice del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università Federico II di Napoli, disegna un quadro con ombre e luci del mercato lavoro campano.
Qual è la situazione del mercato del lavoro in Campania?
«Siamo davanti ad un chiaroscuro particolare. Il Pil campano cresce in maniera superiore rispetto a quello italiano, facendo registrare una crescita procapite dell’1,7% media annua. Un trend trainato da settori che definiamo le punte di diamante della regione come il turismo, l’agroalimentare, l’aerospazio e la logistica».
Questi dati sono i chiari, gli oscuri?
«All’interno di una Campania che è traino del Mezzogiorno e che fa meglio di altre regioni del centro-nord, persistono una serie di profonde problematiche strutturali».
Quali?
«Le crisi di imprese importanti, il lavoro nero e quello povero annidati in settori specifici che coincidono con le eccellenze come il turismo o l’agroalimentare. C’è poi un trend dell’emigrazione che riguarda, sopratutto, i giovani laureati, che non riusciamo ad invertire».
Una fuga di cervelli che svuota la Campania?
«È giusto che i talenti abbiano la possibilità di vivere esperienze professionali in giro per il mondo per crescere e imparare, il problema è che non riusciamo a farli tornare».
Innanzitutto capiamo perché vanno via.
«La domanda di lavoro campano non riesce ad intercettare questi talenti. Abbiamo università d’eccellenza che si stanno anche ridefinendo orientandosi verso un approccio applicativo e formano figure nuove fondamentali per i settori più innovativi del mercato del lavoro. Purtroppo però tra salari e retribuzioni basse e mancanza di servizi, i nostri laureati trovano altrove le condizioni migliori per realizzare i loro sogni ed esprimere il loro talenti».
Come valuta le politiche fatte fino ad oggi sul mercato del lavoro?
«Purtroppo non hanno portato a risultati soddisfacenti. Ci siamo limitati agli incentivi alle imprese, all’assistenzialismo del reddito di cittadinanza e sono ancora assenti le politiche attive per la formazione».
E se ci focalizziamo sulla Campania?
«C’è stata una parcellizzazione degli interventi e una scarsa concentrazione sui settori che avrebbero avuto bisogno di potenziarsi. Con i fondi strutturali, ad esempio, non sono stati raggiunti gli obiettivi previsti».
Perché?
«Il tema del lavoro è scomparso dal dibattito pubblico. Le politiche per le imprese, quelle per il lavoro e quella per la formazione non sono mai state integrate e la conseguenza è che il mercato si muove da solo e si espande il lavoro nero e quello povero, sopratutto in settori d’eccellenza che presentano alti tassi di sommerso».
Perché le politiche sul lavoro non hanno dato i frutti sperati?
«La discontinuità politica italiana, unita allo scarso raccordo tra politiche regionali e nazionali hanno reso vane anche le politiche più illuminate. L’instabilità rende precario il mondo del lavoro, perché se ad ogni cambiamento di governo si cancella quello che è stato fatto prima non si possono fare valutazioni reale degli interventi e diventa impossibile capire gli effetti concreti di ogni politica».
Se sono mancante le policy come spiega i dati positivi?
«Il Mezzogiorno in questi anni complessi di globalizzazione, crisi geopolitiche e mutamenti del mercato internazionale, tutto sommato, ha mantenuto e la Campania è il traino di quest’area del Paese, dunque il nostro tessuto economico ha delle potenzialità importanti sulle quali bisogna però agire con politiche serie e lungimiranti che comportano fatica e tempi lunghi».
Possiamo dire che se ci fossero le politiche giuste potremmo diventare un’eccellenza europea?
«Esatto. In Campania, e nel Mezzogiorno in generale, abbiamo potenzialità enormi per creare lavoro e occupazione di qualità, è mancata una guida a queste potenzialità; una governance capace di integrare e di dare futuro e spazio a queste eccellenze».
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link