30 Giugno 2025
Ai e Energia: innovazione continua


C’è stato un tempo in cui l’energia si misurava in barili, chilowattora e chilometri di pipeline. Oggi si misura anche in petabyte. La trasformazione digitale dell’energia non è solo una questione di tecnologia, ma di semantica. La rete non è più solo fisica, ma anche cognitiva. Non trasporta solo elettroni e molecole, ma dati, previsioni, decisioni automatizzate. E l’intelligenza artificiale – insieme all’automazione – sta diventando l’infrastruttura invisibile di questa nuova grammatica dell’energia.

In questa transizione, non stiamo semplicemente aggiungendo tecnologia a un settore già esistente. Stiamo mutando i presupposti stessi della sua architettura. L’AI permette per la prima volta alla rete elettrica – ma anche a quella termica, e a quella informativa che le connette – di apprendere, anticipare e rispondere. La smart grid è solo la superficie visibile di un cambiamento più profondo: la trasformazione del sistema energetico da macchina passiva a organismo adattivo.

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Ai per il settore energetico, lo scenario

Il punto non è solo l’adozione tecnologica – che pure è rilevante. Secondo BloombergNEF, il 63% delle utility europee ha già integrato almeno un sistema Ai per l’ottimizzazione della rete o per la gestione dei consumi. Ma la vera discontinuità riguarda la logica decisionale. La gestione dell’energia – per secoli dominio di ingegneri, calcoli deterministici e grandi infrastrutture centralizzate – si apre oggi a un ecosistema probabilistico, distribuito, non lineare.

Consideriamo i sistemi di monitoraggio energetico e la gestione del bilanciamento della rete in tempo reale. Con l’aumento delle fonti rinnovabili non programmabili (che in alcuni Paesi europei superano il 40% della produzione elettrica), il margine di errore tollerabile si riduce drasticamente. Le Ai possono elaborare milioni di dati al secondo per prevedere variazioni meteorologiche, oscillazioni di domanda, capacità di accumulo disponibile. Ma soprattutto, possono decidere prima ancora che gli esseri umani abbiano percepito il problema.

Le applicazioni dell’Ai al settore energia

Ma c’è un paradosso. Più il sistema diventa intelligente, più diventa opaco. Gli algoritmi decidono come allocare energia, quando attivare riserve, a quale prezzo vendere sul mercato spot. E lo fanno attraverso strutture decisionali che nemmeno i loro sviluppatori riescono a spiegare del tutto. È il problema dell’explainability, oggi cruciale per tutti i settori regolati. Un operatore di rete può davvero affidare a una “black box” scelte che impattano sulla sicurezza nazionale? E chi è responsabile se qualcosa va storto?

Nel frattempo, cresce l’ambiguità funzionale dell’AI: è supporto tecnico o strumento di potere? In contesti di mercato liberalizzati, la capacità di elaborare dati predittivi può creare vantaggi competitivi asimmetrici. Alcune grandi utility europee stanno internalizzando modelli Ai che analizzano contemporaneamente performance degli asset, previsioni climatiche, strategie regolatorie. È ancora energia, o è già finanza computazionale? La linea di confine si assottiglia.

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In parallelo, l’automazione nei processi industriali ha già riconfigurato le operations del settore oil & gas, ma anche la manutenzione delle infrastrutture elettriche e idriche. Droni, robot subacquei, innovazioni come i digital twin cioè i gemelli digitali di centrali eoliche offshore.

Formazione e normativa per l’Ai nell’Energia

Tutto questo rende più efficienti i processi, ma cancella anche competenze intermedie, ridisegna i profili professionali, sposta il baricentro dell’occupazione. Il lavoratore energetico del 2030 non userà chiavi inglesi, ma interfacce di comando vocale. Ma chi si occupa oggi di formare questi lavoratori e colmare lo skill gap?

La questione più urgente è proprio questa: le tecnologie stanno correndo più veloci delle istituzioni, delle norme, delle persone. Il policy framework europeo fatica a tenere il passo. L’Ai Act, per quanto innovativo, è pensato più per il rischio generico che per le specificità sistemiche del settore energia. Eppure l’intelligenza artificiale può condizionare il funzionamento dell’intero continente: basta che un algoritmo sbagli nel calibrare l’interconnessione fra Francia e Italia, e la stabilità della rete va in crisi.

C’è un altro elemento che resta spesso sotto traccia: l’uso geopolitico dell’Ai energetica. Gli algoritmi non sono neutrali. Sono allenati su dati, e i dati vengono da sensori, e i sensori sono prodotti da filiere controllate da pochi player globali. Il dominio sulla dimensione algoritmica dell’energia potrebbe diventare una nuova forma di influenza. La Cina lo ha capito da tempo: la State Grid Corporation of China ha lanciato un piano decennale per integrare Ai in ogni livello della rete. Gli Stati Uniti si muovono con un approccio più frammentato ma altamente innovativo, trainato da big tech e startup. E l’Europa? Rischia di rimanere nel mezzo, tecnologicamente dipendente, normativamente ambiziosa, industrialmente disarmata.

Le previsioni future

Il vero nodo, quindi, non è se usare l’Ai nell’energia, ma come. Serve una visione strategica europea – e nazionale – che metta insieme la dimensione infrastrutturale, quella etica e quella industriale. Serve un piano integrato di sovranità digitale e sicurezza energetica. E serve, soprattutto, una cultura nuova. Un modo diverso di pensare l’energia: non più come bene da estrarre o da trasportare, ma come sistema complesso da interpretare, orchestrare, adattare.

L’intelligenza artificiale non è la fine dell’energia come la conosciamo. È il suo prossimo inizio. Ma, come ogni inizio, richiede consapevolezza, direzione e coraggio.



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