4 Luglio 2025
Crediti d’imposta: ecco l’Atto di indirizzo del MEF che definisce (finalmente) inesistenza e non spettanza


l sistema fiscale italiano, per anni, ha vissuto nell’ambiguità su un punto cruciale: quando un credito d’imposta è “inesistente” e quando invece è solo “non spettante”? La differenza non è affatto solo semantica, ma impatta direttamente sulla gravità delle sanzioni, sulla prescrizione per il recupero, e persino sulla configurazione del reato penale.

L’Atto di indirizzo adottato il 1° luglio 2025 dal MEF (protocollo n. 18) – ai sensi dell’art. 10-septies, co. 3, della L. 212/2000 – fa finalmente chiarezza, valorizzando la recente riforma operata dal D.lgs. 87/2024 e recependo la giurisprudenza di legittimità, riprendendo l’orientamento della Corte Suprema di Cassazione n. 34419 del 2023, secondo cui sono crediti inesistenti quelli che difettano dei presupposti costitutivi del credito, come indicati dalle norme di riferimento, e che possono attenere tanto al soggetto che fruisce dell’agevolazione quanto all’oggetto dell’agevolazione stessa.

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Come richiamato nell’Atto:

«La distinzione rileva, in particolare, sia sotto il profilo dei termini entro i quali l’Amministrazione finanziaria può procedere al recupero dei suddetti crediti, sia sotto il profilo delle sanzioni penali e amministrative applicabili».

I due volti dell’indebita compensazione

Alla base dell’intervento c’è la distinzione introdotta dall’art. 1 del D.lgs. 87/2024, che a seguito dell’abrogazione del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, – disposta dal D.Lgs. del 5 novembre 2024, n. 173 (in SO n.40, relativo alla G.U. 28/11/2024, n.279) e articoli 21-bis e 21-ter, successivamente abrogati dall’art. 130 del testo unico 14 novembre 2024, n. 175 – ha definito con precisione due fattispecie:

  • Credito “inesistente” (art. 1, lett. g-quater, D.lgs. 74/2000): si tratta dei crediti che mancano dei requisiti oggettivi o soggettivi, oppure che sono il frutto di rappresentazioni fraudolente mediante falsi documenti, simulazioni o artifici.

«…il credito per il quale mancano, in tutto o in parte, i requisiti oggettivi o soggettivi specificamente indicati nella normativa di riferimento» oppure «i crediti per i quali i requisiti […] sono oggetto di rappresentazioni fraudolente, attuate con documenti materialmente o ideologicamente falsi, simulazioni o artifici».

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Il MEF chiarisce che nella valutazione dei presupposti normativi vanno incluse anche le fonti secondarie, se espressamente richiamate, mentre restano escluse fonti tecniche non “specificamente” indicate dalla legge.

  • Credito “non spettante” (lett. g-quinquies): include i crediti:fruiti in violazione delle modalità di utilizzo previste (es. in misura eccedente o in tempi sbagliati), fondati su fatti che non rientrano nella disciplina per mancanza di ulteriori elementi richiesti,utilizzati senza gli adempimenti previsti a pena di decadenza.

Una distinzione fondata sulla natura e l’origine dell’errore: ontologica e dolosa nel caso dei crediti inesistenti; formale o interpretativa nel caso dei crediti non spettanti.

Sanzioni in base alla gravità

Il legislatore ha costruito una vera “graduazione della colpa”, associando alle due tipologie un trattamento differenziato, tanto sul piano penale quanto su quello amministrativo.

Sotto il profilo penale:

  • Per i crediti inesistenti: reclusione da 1 anno e 6 mesi fino a 6 anni se l’importo annuo supera 50.000 euro (art. 10-quater, co. 2, D.lgs. 74/2000).
  • Per i crediti non spettanti: pena ridotta (da 6 mesi a 2 anni) e non punibilità se vi è obiettiva incertezza dovuta a valutazioni tecniche (art. 10-quater, co. 1, D.lgs. 74/2000).

Sotto il profilo amministrativo:

  • Credito inesistente semplice: sanzione pari al 70% del credito (art. 13, co. 5, D.lgs. 471/1997).
  • Credito inesistente fraudolento: 70% aumentato dalla metà al doppio (co. 5-bis).
  • Credito non spettante: sanzione al 25% (co. 4-bis); ridotta a 250 euro se si tratta di omissioni formali sanate nei termini (co. 4-ter).
Contenuto dell’articolo
Profili sanzionatori: l’importanza della corretta qualificazione

Il criterio temporale: prescrizioni diverse

Sul piano procedurale, la riforma ha introdotto una disciplina uniforme del recupero, stabilita dall’art. 38-bis del D.P.R. 600/1973 (introdotto dal D.lgs. 13/2024):

«L’Agenzia delle entrate emana apposito atto di recupero da notificare, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello del relativo utilizzo nel caso di crediti non spettanti, ovvero entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo in caso di crediti inesistenti».

Crediti R&S: la categoria più esposta

Il cuore dell’Atto di indirizzo si rivolge a una tipologia di crediti particolarmente esposta al rischio di contestazioni: i crediti d’imposta per attività di ricerca, sviluppo, innovazione tecnologica, design e innovazione estetica. Qui, più che altrove, le controversie sorgono dal fatto che, pur sussistendo i requisiti generali, mancano ulteriori qualità tecniche richieste dalla normativa o dalle sue interpretazioni.

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L’atto individua queste situazioni nella terza categoria di crediti non spettanti: quelli “fondati su fatti non rientranti nella disciplina attributiva del credito per difetto di ulteriori elementi o particolari qualità richiesti”.

Si pensi a spese effettivamente sostenute ma che, per caratteristiche tecniche (es. una ricerca classificabile come sviluppo sperimentale ma priva di innovatività), non risultano idonee a generare il credito. È qui che la linea è sottile, e che lo strumento della certificazione preventiva o successiva diventa decisivo.

La certificazione tecnica: scudo per il contribuente

Il MEF ribadisce con chiarezza gli effetti della certificazione tecnica introdotta dall’art. 23 del D.L. 73/2022:

La certificazione […] esplica effetti vincolanti nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, tranne nel caso in cui, sulla base di una non corretta rappresentazione dei fatti, la certificazione venga rilasciata per una attività diversa da quella concretamente realizzata”.

La norma precisa che, in presenza di una certificazione tecnica rilasciata da un soggetto qualificato prima della constatazione di eventuali violazioni, ogni atto sanzionatorio o impositivo difforme è da ritenersi nullo.

Il suggerimento operativo del MEF è chiaro: in caso di incertezza, dotarsi di una certificazione e comunicarla tempestivamente all’Amministrazione per evitare contenziosi inutili.

Compliance e certezza del diritto: la nuova via

Il documento del MEF si inserisce in un più ampio processo di riforma della fiscalità d’impresa, ispirato a trasparenza, certezza del diritto e proporzionalità delle sanzioni.

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L’obiettivo è chiaro: da un lato rafforzare l’azione di contrasto ai fenomeni fraudolenti; dall’altro, tutelare i contribuenti corretti, soprattutto in ambiti ad alta complessità tecnica.

Per le imprese, specie quelle che usufruiscono di incentivi R&S, l’Atto di indirizzo rappresenta un punto di svolta: rende più prevedibile il rischio fiscale, valorizza gli strumenti di compliance preventiva, e consente una pianificazione più consapevole e sicura degli investimenti agevolati.

MEF-20250701-Prot.-n-18-Atto_di_indirizzo



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