
Con la circolare n. 5/E del 16.05.2025 e la successiva risposta ad interpello n. 136/2025, l’Agenzia delle entrate offre una utile sintesi sui principali elementi distintivi degli istituti del distacco, della codatorialità e dell’avvalimento.
L’esigenza chiarificatrice discende dal nuovo quadro normativo in materia fiscale, derivante dall’abrogazione dell’art. 8, comma 35, Legge n. 67/1988 ad opera dell’art. 16-ter D.L. n. 131/2024- L. conv. N. 166/2024, disposta al fine di dare attuazione alla sentenza della Corte di Giustizia UE del 11/3/2020, causa C-94/19 (San Domenico Vetrano Spa c. Agenzia delle entrate).
Con tale sentenza, la Corte di giustizia ha ritenuto che l’art. 2 della Sesta Direttiva n. 77/388/CEE – ai sensi della quale sono soggette all’IVA le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso – debba essere interpretato nel senso che tale onerosità ricorre, nel caso di prestiti o distacchi di personale, laddove gli importi versati dalla distaccataria in favore della distaccante, da un lato, e tali prestiti e distacchi, dall’altro, “si condizionino reciprocamente”.
L’attuazione di tale sentenza ha comportato l’abrogazione dell’art. 8, comma 35, Legge n. 67/1998 che, invece, escludeva genericamente l’applicabilità dell’IVA sui rimborsi effettuati dal soggetto utilizzatore della prestazione del lavoratore in distacco. Tale norma disponeva, infatti, “non sono da intendere rilevanti ai fini dell’iva i prestiti o distacchi di personale a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo”.
Nel descrivere, il nuovo quadro normativo e la sua origine, l’Agenzia delle entrate delinea gli elementi caratteristici del distacco, della codatorialità e dell’avvalimento.
1. Distacco e avvalimento – Nel fornire le istruzioni operative sulla corretta applicazione della normativa, l’Agenzia delle entrate si focalizza sui concetti di sinallagmaticità ed onerosità quali elementi distintivo degli istituti in commento, rilevanti ai fini dell’IVA.
Dopo avere ricordato gli elementi tipici del distacco – quali la temporaneità, l’interesse del distaccante, la responsabilità in capo al distaccante del trattamento economico e normativo in favore del distaccato – l’Agenzia delle entrate sottolinea che, ai fini dell’applicabilità dell’IVA, occorre verificare se il distacco si configura come una obbligazione a prestazioni corrispettive in cui, a fronte del distacco del lavoratore, il “rimborso” si pone come il pagamento del relativo corrispettivo, senza il quale il distaccante non avrebbe acconsentito al distacco.
Se le due prestazioni (pagamento del prezzo e distacco) si condizionano reciprocamente, nel senso che l’una è effettuata solo a condizione che lo sia anche l’altra, allora il distacco costituisce una prestazione di servizi a titolo oneroso, in quanto tale assoggettabile ad iva.
La onerosità sussiste, secondo l’Agenzia delle entrate, a prescindere dall’ammontare del corrispettivo pattuito e, dunque, e anche in assenza di lucratività.
Ne deriva che solo laddove non sia previsto alcun corrispettivo – quindi neanche il rimborso parziale del costo sostenuto dal datore di lavoro per il personale distaccato – l’operazione effettuata a titolo gratuito dall’impresa distaccante non comporta applicazione dell’IVA, non essendo qualificabile come prestazione di servizi “a titolo oneroso”.
Medesime conclusioni sono tratte con riferimento all’istituto dell’avvalimento, definito dall’art. 104 D.Lgs.n. 36/2023 come “contratto con il quale una o più imprese ausiliarie si obbligano a mettere a disposizione di un operatore economico che concorre in una procedura di gara dotazioni tecniche e risorse umane e strumentali per tutta la durata dell’appalto. Il contratto di avvalimento è concluso in forma scritta a pena di nullità con indicazione specifica delle risorse messe a disposizione dell’operatore economico. Il contratto di avvalimento è normalmente oneroso, salvo che risponda anche a un interesse dell’impresa ausiliaria, e può essere concluso a prescindere dalla natura giuridica dei legami tra le parti”.
Se l’avvalimento è effettuato verso un corrispettivo, anche inferiore al costo del personale messo a disposizione dell’operatore economico, l’operazione è da ritenersi onerosa ai fini dell’IVA.
Diversamente, in assenza di uno specifico corrispettivo, l’avvalimento è da considerarsi non oneroso e, dunque, non assoggettabile ad IVA.
2. Codatorialità – La sinallagmaticità delle prestazioni è, invece, secondo l’Agenzia delle entrate, tendenzialmente da escludere nell’ipotesi di codatorialità, sia essa “tipica” – tra imprese che sottoscrivono il contratto di rete ex art. 4-ter D.Lgs. 276/2003 – che “atipica”, di elaborazione giurisprudenziale e riscontrabile nei gruppi di imprese, che si verifica quando, a fronte dell’unicità del rapporto di lavoro, il lavoratore presta indifferentemente e “contemporaneamente, servizio per due o più datori di lavoro, titolari di due distinte imprese, e la sua opera è tale che in essa non può distinguersi quale parte sia svolta nell’interesse di un datore e quale nell’interesse dell’altro, con la conseguenza che entrambi i fruitori di siffatta attività devono considerarsi responsabili delle obbligazioni che scaturiscono da quel rapporto” (v. risposta ad interpello n. 136/2025).
L’assenza “ontologica” di corrispettività deriva dal fatto che tutte le imprese retiste o appartenenti al gruppo societario assumono il ruolo di datori di lavoro e sono corresponsabili sul piano retributivo, previdenziale e assicurativo.
Ciascuna delle imprese è, dunque, nella medesima situazione in cui si sarebbe trovata se avesse assunto in via autonoma il lavoratore dipendente. Non sussiste, fra le medesime imprese, alcuna obbligazione a prestazioni corrispettive.
Seppur solo una di esse effettua il pagamento per l’intero, il rimborso pro quota da parte delle altre costituisce una mera cessione di denaro non rilevante ai fini dell’IVA.
Ciò evidentemente presuppone che l’ammontare complessivo dei riaddebiti copra il mero sostenimento del costo del personale, senza alcuna remunerazione aggiuntiva.
3. Somministrazione di lavoro
Come noto, il contratto di somministrazione di lavoro è il contratto, a tempo indeterminato o determinato, con il quale un’agenzia di somministrazione autorizzata, ai sensi del decreto legislativo n. 276 del 2003, mette a disposizione di un utilizzatore uno o più lavoratori suoi dipendenti, i quali, per tutta la durata della missione, svolgono la propria attività nell’interesse e sotto la direzione e il controllo dell’utilizzatore.
La disciplina di tale tipologia contrattuale ha subito vari interventi modificativi dalla sua prima declinazione legislativa ad opera del D.Lgs. n. 196/1997.
Ai sensi dell’art. 26-bis Legge n. 196/1997 “I rimborsi degli oneri retributivi e previdenziali che il soggetto utilizzatore di prestatori di lavoro temporaneo è tenuto a corrispondere … all’impresa fornitrice degli stessi, da quest’ultima effettivamente sostenuti in favore del prestatore di lavoro temporaneo, devono intendersi non compresi nella base imponibile dell’IVA di cui all’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.
Tale disposizione non è stata abrogata dal c.d. “Decreto Salva-infrazioni” e continua ad essere vigente in virtù di quanto previsto dall’art. 86, comma 4, D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 (“Le disposizioni di cui all’articolo 26-bis della legge 24 giugno 1997, n. 196 … si intendono riferiti alla disciplina della somministrazione prevista dal presente decreto”).
L’Agenzia delle entrate ha mancato di fornire istruzioni operative con riferimento a tale istituto contrattuale.
Risulta tuttavia evidente, come segnalato da Assonime nella sua circolare n. 4 del 3 marzo 2025, come la vigenza di tale disposizione evidenzi una disparità di trattamento senza una ragionevole giustificazione fra le due modalità di messa a disposizione del personale (distacco e somministrazione).
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