4 Luglio 2025
Marco Giorgino, neo presidente di Nedcommunity: priorità su formazione, sostenibilità e rafforzamento dei consiglieri indipendenti nelle pmi




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 Con l’elezione di Marco Giorgino alla presidenza si apre una nuova fase per Nedcommunity, l’associazione che riunisce oltre 800 consiglieri indipendenti e non esecutivi. Professore al Politecnico di Milano, Giorgino succede ad Alessandro Carretta e punta su formazione, dialogo con le istituzioni e diffusione delle buone pratiche. Tra le sue priorità, dare più peso ai consiglieri indipendenti nelle medie imprese e promuovere una cultura della governance evoluta anche nel mondo delle pmi.

Domanda. Giorgino, con il suo insediamento alla presidenza di Nedcommunity si apre un nuovo corso per l’associazione. Quali sono le priorità che intende portare avanti?

Risposta. L’associazione è nata nel 2004 e da allora lo scenario economico e finanziario è completamente cambiato. Basti pensare, di recente, alla trasformazione digitale o al crescente ruolo della sostenibilità. Noi rappresentiamo un’ampia platea di consiglieri indipendenti, con presenze in tutte le maggiori aziende del Paese. Una forza e al contempo una grande responsabilità che intendo valorizzare sia nella identificazione e diffusione delle leading e best practices in materia di corporate governance, sia dialogando con le istituzioni nazionali nell’individuare possibili e migliorative evoluzioni regolamentari, sia, infine, promuovendo un costante aggiornamento per gli iscritti, una divulgazione capillare dei contenuti e delle ricerche che realizziamo, sui temi più sofisticati e rilevanti per le imprese e le persone che le governano.

D. La presenza di consiglieri indipendenti nelle quotate italiane resta ancora limitata. Perché secondo lei? E cosa può fare Nedcommunity per promuovere un cambio di passo?

R. Negli anni ci sono state alcune tendenze sulla composizione dei Board molto chiare, come anche l’ultimo Rapporto Consob riporta. Si è ridotto il numero medio di membri dei board, è aumentata la quota di indipendenti, soprattutto nelle grandi realtà, è aumentata la componente femminile, in modo quasi esclusivo tra gli amministratori indipendenti. Non mi pare vi siano spazi di crescita ulteriori nelle grandi aziende, mentre, invece, ve ne sono nelle medie e piccole imprese. Il ruolo di Nedcommunity è quello di essere lo strumento con cui i consiglieri indipendenti possono rafforzare la propria professionalità, le proprie competenze, tecniche e soft, il proprio network. ll binomio consiglieri indipendenti e buona governance non è un dogma. È con professionisti qualificati, preparati e, sottolineo, adeguatamente remunerati che la governance può migliorare.

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D. Anche nel mondo delle pmi si comincia a parlare di governance evoluta e di apertura a figure indipendenti. Cosa sta cambiando davvero?

R. La governance costruita in modo corretto è un valore, a prescindere dalla dimensione. Il mondo delle pmi è molto interessato, perché, sempre più, per fare business o per accedere a mercati bancari e assicurativi bisogna avere una governance adeguata. Ma soprattutto perché attraverso una governance adeguata si migliorano, nel concreto, i profili di rendimento e di rischio dell’attività di impresa. I consiglieri indipendenti nei board, opportunamente e attentamente selezionati, portano competenze, esperienza, network, lettura critica di scenari e fenomeni aziendali che, per il processo di evoluzione e le sfide delle pmi, possono essere preziosi.

D. Gli ultimi rapporti di Consob e Assonime sulla corporate governance segnalano progressi, ma anche alcune criticità. Qual è la sua lettura dei dati emersi?

R. Vi sono elementi positivi ed altri che richiedono ancora del lavoro. Tra i primi sottolineo la ripresa dell’interesse di investitori istituzionali nella compagine azionaria che negli ultimi anni si era attenuata, ma che può e deve crescere ancora. Così come evidenzio l’attivismo nel rapporto tra azionisti, imprese e stakeholder, segno evidente di un ascolto più forte da parte delle imprese e di una necessità più marcata di comunicare con stakeholder e azionisti. Gli ambiti su cui, invece, lavorare ancora sono certamente quello dei piani di successione che, per quanto in lieve aumento, sono ancora presenti in misura minoritaria. Insieme a questo, sottolineo ancora la cronica carenza di ruoli di ceo e presidente ricoperti da donne, donne che sono molto presenti come consiglieri indipendenti ma praticamente assenti nei ruoli esecutivi e di guida dei board.

D. Il tema dell’azionariato diffuso torna periodicamente nel dibattito. In un contesto dominato da grandi investitori istituzionali e family business, che ruolo può avere davvero il piccolo azionista?

R. Siamo un paese in cui le famiglie detengono attività finanziarie per oltre 5 mila miliardi di euro. Questa imponente mole di risparmio è allocata in modo inefficiente. La componente equity è fortemente minoritaria e, nel lungo termine, questo riduce le prospettive di rendimento che potrebbero essere generate da questa grande capacità di accumulazione. Pur consapevole che cultura finanziaria e dell’equity, in particolare, siano poco sviluppate, bisogna portare una parte, anche piccola, di questi capitali sulle imprese. Per le quotate, con riferimento al mercato italiano, due freni a questo percorso rimangono la bassa numerosità delle aziende quotate e, di conseguenza, la bassa liquidità di alcuni segmenti del mercato.

D. Il meccanismo del golden power continua a essere al centro del dibattito pubblico. Come valuta l’equilibrio tra tutela nazionale e libertà di impresa?

R. È un tema molto delicato, che va trattato con competenza e rigore. Spesso, invece, viene strumentalizzato per ragioni che vanno oltre l’obiettivo dell’interesse strategico nazionale, andando di fatto a limitare la legittima libertà di impresa. Credo che, ove le ragioni tecniche siano solide e adeguatamente motivate, l’uso dello strumento sia condivisibile. Rimane, tuttavia, il tema dell’equilibrio tra poteri nazionali ed europei, in un contesto in cui si dice che si vuole andare verso un’integrazione ma sovente alle parole non seguono le azioni.

D. Il tema Esg resta centrale, ma con segnali di rallentamento, soprattutto dopo l’elezione di Trump e i possibili cambi di rotta normativi. Come si posiziona Nedcommunity in questo scenario?

R. I segnali di rallentamento cui assistiamo negli Stati Uniti non si avvertono allo stesso modo in Europa. La normativa, ad esempio quella in materia di rendicontazione o quella in ambito bancario, ci offre la cifra di un mondo che oggi deve tenere conto in modo serio dei temi associati alla sostenibilità. Nedcommunity è da anni molto attiva in questo campo, con attività formative, di ricerca e divulgative, dando ai temi della sostenibilità un’interpretazione che, partendo dalla compliance, diventa molto sostanziale e fortemente integrata con i processi strategici, di business e di controllo. Questa azione continuerà per offrire ai nostri Associati strumenti e approcci utili ad esercitare ancora meglio il proprio ruolo di consiglieri indipendenti. (riproduzione riservata)



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