5 Luglio 2025
Settimana corta per i parlamentari? La proposta Ciriani e la realtà (non detta)


Negli ultimi giorni, sta facendo molto discutere una proposta avanzata dal ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani riguardante la settimana corta per i parlamentari. E ci sono già polemiche.


Montecitorio cambia passo? La proposta riguarda una possibile modifica dei tempi di lavoro dell’Aula. Il ministro, durante la riunione dei capigruppo alla Camera del 25 giugno, ha proposto di anticipare al giovedì le interpellanze, ad oggi invece programmate per il venerdì, riducendo così la settimana lavorativa a quattro giorni. Un’idea che, apparentemente, si fonda su ragioni di natura squisitamente tecniche e logistiche, ma si è rapidamente trasformata in un vero e proprio caso politico, con conseguenti – e aggiungerei inevitabili – polemiche sul reale ed effettivo impegno dei parlamentari.

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Dopo che la notizia è trapelata, immediate sono state le reazioni dei media: dalle accuse ai parlamentari “fannulloni” che vogliono la “settimana corta”, ai titoloni sui giornali. Eppure, a ben vedere, nessuno dei partiti di opposizione presenti alla riunione riunione aveva contestato la proposta di Ciriani, approfittandone però per bersagliare il governo. Nel frattempo, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha preso le distanze dall’iniziativa, per motivi (evidentemente) più comunicativi che sostanziali.

Le ragioni della polemica sulla settimana corta: parlamentari e privilegi

È indubbio che la proposta di Ciriani possa far arrabbiare gran parte dell’opinione pubblica: tutti, infatti, (eccetto, forse, gli stessi parlamentari) siamo perfettamente consapevoli degli enormi privilegi di cui godono i nostri rappresentanti.

Partiamo dalla retribuzione: la base dello stipendio parlamentare è costituita dall’indennità, che viene corrisposta ogni mese per un totale di 12 mensilità. L’importo netto si aggira attorno ai 5.000 euro. Si tratta di cifre sicuramente importanti, considerando che lo stipendio medio mensile nel nostro Paese si aggira attorno ai 1.714-1.846 euro netti. Un bello scarto…

Oltre all’indennità, i deputati ricevono un rimborso per le spese di permanenza nella capitale, pari a circa 3.500 euro mensili. Detto importo è soggetto a decurtazioni per ogni giornata di assenza del parlamentare durante votazioni elettroniche rilevanti. Non è invece prevista alcuna penalizzazione in caso di assenze giustificate.

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Ogni deputato riceve, inoltre, all’incirca 3.600 euro al mese per coprire le spese legate allo svolgimento del mandato.

Alla conclusione del mandato parlamentare, poi, ogni deputato riceve un assegno pari all’80% dell’indennità mensile lorda, moltiplicato per ogni anno (o frazione superiore ai sei mesi) effettivamente svolto. Il fondo che eroga questa somma è finanziato esclusivamente dai contributi versati durante il mandato.

Agevolazioni per trasporti e spese telefoniche

I benefici però non terminano qui. I membri della Camera, infatti, godono anche di una serie di benefit per gli spostamenti in Italia, tra cui viaggi in treno, nave o aereo a carico dell’amministrazione, previa esibizione del tesserino parlamentare. Per le autostrade, possono richiedere il dispositivo Telepass. È previsto inoltre un rimborso trimestrale per il tragitto tra il domicilio e l’aeroporto, che si aggira attorno ai 3.300- 4.000 euro in base alla distanza percorsa.

Per l’utilizzo di cellulare e traffico dati, ogni deputato dispone di un rimborso annuo di 1.200 euro, erogato in forma forfettaria.

Interpellanze il giovedì: questione di organizzazione, non di assenteismo

Ebbene, fatta questa breve premessa sullo status economico dei Parlamentari, è chiaro come la proposta di Ciriani possa aver suscitato polemiche e contestazioni. In realtà, la stessa risponde a un’esigenza concreta, ovvero garantire la presenza di ministri e sottosegretari in Aula per rispondere alle interpellanze. Il venerdì, infatti, coincide spesso con giornate in cui gli impegni istituzionali si diradano. Ne consegue che, il venerdì mattina, l’Aula è semi-deserta. Le interpellanze, relative a temi molto specifici, raramente attirano l’interesse collettivo dell’Assemblea. A parlare sono i deputati proponenti e i rappresentanti del governo, mentre il resto dei parlamentari ha spesso validi motivi per essere altrove.

Lavorare in Aula non è l’unico modo per fare politica

A onor del vero, c’è da fare una precisazione: le attività d’Aula rappresentano solo una parte – per quanto visibile – del mandato parlamentare, motivo per cui il rendimento dei parlamentari non è misurabile solo sulla quantità di ore trascorse tra i banchi della Camera. Il confronto con i cittadini e i rappresentanti delle categorie produttive, i sopralluoghi nei territori, la partecipazione a convegni costituiscono momenti centrali nell’esercizio del mandato.

Un ritorno alla prassi storica (ma non senza precedenti tentativi)

La proposta del Ministro si riallaccia a una tradizione consolidata. L’articolo 138-bis del regolamento di Montecitorio prevede che le interpellanze urgenti si svolgano “di norma” il giovedì. Solo negli anni più recenti, a partire dal 2013, si era stabilito di spostarle al venerdì, principalmente per evitare sovrapposizioni con altre attività d’Aula.

Fu Dario Franceschini, all’epoca ministro per i Rapporti con il Parlamento, a suggerire questo cambio per ragioni organizzative. Ma già nel 2008, con Gianfranco Fini alla presidenza della Camera, si era parlato di una settimana parlamentare “piena”, da lunedì a venerdì, nel tentativo (più simbolico che operativo) di fronteggiare la straripante polemica dell’antipolitica post “V-Day”.

Conto e carta

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Quella di spostare le interpellanze al giovedì sembra una questione tecnica, ma ha riacceso un dibattito ben più ampio: quanto lavorano davvero i parlamentari? Tra stipendi alti e privilegi difficili da giustificare, ogni proposta organizzativa rischia di essere vista come un tentativo di lavorare meno. Ma siamo sicuri di conoscere davvero il lavoro di un parlamentare, o ci basta l’idea di “vederli seduti in Aula” per pensare che stiano facendo il loro dovere?



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