12 Luglio 2025
L’isola degli idealisti: parla la regista Elisabetta Sgarbi


In un momento storico in cui ogni valore sembra essere tramontato, un film dal titolo L’isola degli idealisti, l’ultima sfida cinematografica di Elisabetta Sgarbi – regista, editrice e fondatrice de La Milanesiana, la cui 26esima edizione si conclude il 28 luglio – può sembrare anacronistico. Dietro di esso si nasconde invece un’opera stratificata e fitta di misteri, in cui un luogo apparentemente appartato e pacifico, come una piccola isola dell’Adriatico, si trasforma in una prigione per donne e uomini paralizzati dalle proprie fobie. Ad abbellire, anche se solo momentaneamente, le contraddittorie e spente esistenze dei protagonisti, intervengono preziose opere d’arte (originali) di Adolfo Wildt e Cagnaccio di San Pietro, punte di diamante del raffinatissimo apparato decorativo orchestrato da Sgarbi.

Abbiamo rivolto alla regista qualche domanda sul film, sulle sue ispirazioni e sul suo indissolubile legame con il mondo dell’arte.

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La scelta di mantenere la narrazione del suo ultimo film su un’isola appartata riveste un significato particolare? Forse essa simboleggia una roccaforte di valori sulla via del tramonto nella società contemporanea?
L’isola è un rifugio e una gabbia. Chi vi approda pensa di essere al riparo dalla vita, ma in realtà è prigioniero delle sue paure. Lo sono i Reffi, ciascuno con propri traumi e fantasie. E lo sono i due ladri che vengono arrestati, prima che dalla polizia, dalla Villa stessa e dai suoi labirinti. 

La condizione socio-culturale di Celestino e della sua famiglia impone regole e comportamenti precisi: la loro costante violazione può essere considerata uno dei cardini della vicenda? 
I Reffi, da idealisti, si danno un “metodo” di vita. Pensano che la vita si possa ingabbiare in regole, e così schivare gli imprevisti. A tal punto che quando i due ladri entrano nella Villa, cercando rifugio da non si sa bene cosa, Celestino pensa addirittura di sottoporli alle sue regole, di educarli. Ma Celestino non è stupido, e nel film verrà educato lui, piuttosto che i due ladri. Ma non è uno scontro di classe: è una tensione ideale e reale, quella dei Reffi, e di Celestino in particolare. Quando Beatrice gli chiede “Perché fa questo per me?”, lui, convinto, risponde: “Perché lei non è una ladra, lei ruba”. Ma la verità gliela sbatte in faccia Beatrice: “Io sono una ladra e lei è un illuso”.



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