
Le banche italiane hanno ritirato oltre 55 miliardi di euro di prestiti alle imprese e alle famiglie tra dicembre 2022 e maggio 2025. È il dato allarmante emerso da un’analisi del Centro studi di Unimpresa, basata su statistiche della Banca d’Italia. Una contrazione che segna un calo del 4,15% in meno di due anni e mezzo e che solleva preoccupazioni sulla tenuta del tessuto economico nazionale.
Secondo il report, il totale del credito è passato da 1.327,6 miliardi a 1.272,5 miliardi di euro. A subire la flessione più marcata sono state le imprese, che hanno perso complessivamente 47,9 miliardi di euro, con una riduzione del 7,40%. Particolarmente colpiti i finanziamenti a lungo termine, superiori ai cinque anni, crollati del 16,17%: da 347,1 miliardi a 291 miliardi di euro. Segno, secondo Unimpresa, di un drastico ridimensionamento degli investimenti produttivi.
«Le banche devono tornare a fare il loro mestiere, cioè finanziare l’economia reale», ha dichiarato il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora, commentando anche l’allarme lanciato dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti durante l’assemblea annuale dell’Abi. «Se si taglia il credito a medio-lungo termine alle aziende e si riducono i prestiti personali alle famiglie, si rischia di bloccare la crescita del Paese», ha aggiunto Spadafora.
Sul versante famiglie, la flessione è più contenuta, ma non meno significativa: il credito totale è sceso da 680,6 miliardi a 673,3 miliardi di euro (–1,06%). Si segnalano però andamenti opposti all’interno del comparto: da un lato cresce il credito al consumo (+12,52%), spinto dalle vendite a rate e dai prestiti digitali; dall’altro crollano i prestiti personali, che registrano un calo del 18,5%, scendendo da 138,8 a 113,1 miliardi di euro. In lieve aumento, invece, i mutui per la casa, che guadagnano lo 0,95% rispetto al 2022.
Il quadro evidenziato da Unimpresa fotografa una tendenza ormai strutturale: meno credito concesso, soprattutto per durate lunghe e finalità non garantite. Le banche, frenate dall’incertezza economica e da tassi d’interesse ancora elevati, appaiono più caute nell’erogazione, mentre la domanda di finanziamenti si fa più selettiva e prudente.
Nell’ultimo anno, tra maggio 2024 e maggio 2025, il calo è stato di 2,99 miliardi di euro su base annua (–0,23%). Le imprese hanno perso 12 miliardi, mentre le famiglie hanno registrato un lieve recupero (+1,36%).
Secondo Spadafora, «servono meno burocrazia, criteri meno restrittivi nella valutazione del merito creditizio e più coraggio nel sostenere le piccole e medie imprese». E conclude: «Senza un’inversione di rotta, tra inflazione persistente e investimenti in frenata, il motore produttivo del Paese rischia di spegnersi».
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