
Il Fondo Monetario Internazionale ha rivisto al ribasso le stime di crescita per l’Italia, prevedendo un Pil in aumento dello 0,4% nel 2025 e dello 0,8% nel 2026. Si tratta rispettivamente di un taglio di 0,3 e 0,1 punti percentuali rispetto alle previsioni di gennaio.
Secondo Helge Berger, del Dipartimento europeo del Fondo, la frenata è in linea con quella osservata in altri Paesi e riflette il peso dei dazi e dell’incertezza commerciale.
Nonostante questo, Berger ha sottolineato che l’Italia sta facendo “buoni progressi” nell’attuazione del Pnrr. Con la fine del programma prevista per il 2026, si aprirà l’opportunità di accelerare le riforme strutturali, in particolare nei settori dell’istruzione e della partecipazione al mercato del lavoro, temi considerati ancora prioritari.
Anche a livello europeo il FMI sollecita riforme profonde. Alfred Kammer, capo del Dipartimento Europeo, invita a concentrarsi su crescita e resilienza, puntando su una maggiore mobilità del lavoro e sull’armonizzazione delle normative tra i vari Stati. Kammer ha avvertito che i dazi americani, l’incertezza e condizioni finanziarie più rigide stanno già indebolendo l’attività economica europea per il 2025 e rischiano di pesare anche sulla ripresa prevista per il 2026 e il 2027.
Per quanto riguarda l’inflazione, il Fondo prevede che nell’area euro il target sarà raggiunto nella seconda metà del 2025, leggermente in anticipo rispetto alle stime precedenti, grazie al calo dei prezzi dell’energia e a una domanda interna più debole. Sul fronte monetario, il consiglio del FMI alla Bce è chiaro: tagliare i tassi d’interesse al 2% durante l’estate e mantenerli stabili, salvo nuovi shock macroeconomici. Kammer ha ribadito la necessità di una politica monetaria agile e focalizzata sugli obiettivi di stabilità.
Gloria Giovanditti
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