
A differenza di altre volte, in questa occasione il periodico Rapporto sulla stabilità finanziaria della Bce, pubblicato mercoledì, costituisce un forte richiamo per l’immediatezza dei problemi che si stanno manifestando nell’area, a cominciare dalle conseguenze delle frequenti inversioni di rotta delle politiche tariffarie dell’amministrazione Trump, dalle tensioni commerciali che si affiancano a quelle ben più gravi, geopolitiche, con le due guerre in corso, soprattutto dai rischi al ribasso per la crescita. Tutto ciò, in ultima analisi, si riflette sulla stabilità finanziaria, in particolare sugli attivi delle banche, anche se esse – sostiene il Rapporto – hanno buoni livelli di redditività, liquidità e capitalizzazione. Ma conseguenze si avvertono pure sulla liquidità per le imprese non finanziarie. Permane una rilevante incertezza che può favorire la volatilità dei mercati, ma non si profilerebbe una recessione e l’inflazione dovrebbe continuare a diminuire.
Si risente, dunque, della situazione degli Usa, dopo il declassamento del rating di Moody’s e l’evidenziazione dei problemi di debito – ora al 130 per cento del Pil – e deficit, mentre si profila un azzardato taglio delle tasse promosso da Trump che dovrebbe fare aumentare il deficit di 3 mila miliardi di dollari in circa dieci anni. Salgono i rendimenti dei titoli pubblici con i Treasury a 10 anni oltre il 4,5 per cento a vantaggio dei titoli giapponesi, che cominciano ad apparire preferiti. La ricetta trumpiana che intende accoppiare decise riduzioni fiscali e deregolamentazioni che dovrebbero dare impulso alla crescita, appare per ora solo una vaga speranza, viste anche le esperienze non esaltanti del passato. In questo contesto, il dollaro si indebolisce e l’oro sembra riprendere l’ascesa. Ci si chiede se mai la Federal Reserve potrà ridurre i tassi di riferimento, come vorrebbe Trump; anzi, in questa situazione, si potrebbe correre addirittura il rischio di un aumento con tutte le conseguenze.
Si dimostra, comunque, per quanto si possa parlare di una deglobalizzazione in atto, la intercessione tra i fattori che influiscono sulla stabilità al di là e al di qua dell’Oceano. La questione dazi che costituisce un potenziale veicolo di instabilità, dato il ruolo delle esportazioni nell’economia europea, si può riflettere, secondo il Rapporto, sulle condizioni delle imprese e delle famiglie, nonché, in particolare, sull’occupazione. Lo stesso aumento delle spese per la difesa, secondo la Bce, può avere un impatto negativo sulla finanza pubblica, benché subito dopo si esprima un’opinione diversa, non escludendo una spinta positiva per la crescita. Anche queste oscillazioni sono la conseguenza delle incertezze della fase che stiamo vivendo. Il quadro complessivo è tale che si esigerebbe una discussione e un approfondimento a livello europeo, a cominciare dalla Commissione Ue. Le spinte che l’Unione sta ricevendo, da ultimo dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e da Mario Draghi, perché “nessun dorma” o, più prosaicamente, perché l’Unione si svegli, riguardano i cambiamenti nei fondamentali, a cominciare, per l’economia, dal modello fondato in maniera prevalente sulle esportazioni, e dall’introduzione dell’Unione dei risparmi, nonché di forme di debito comune. Ma, dati gli obiettivi che vanno perseguiti, pena il rischio di irrilevanza dell’area, oggi occorre agire nel brevissimo termine per le misure che urgono, coerentemente con il perseguimento di tali obiettivi. Dazi e debito pubblico, produttività e debito comune sono problemi abbastanza simili nel Nuovo e nel Vecchio Continente, sia pure considerando il differente rilievo istituzionale e il diverso peso delle rispettive economie; essi richiedono misure non certo alle “calende greche”, ma rapide, in grado di segnalare l’inizio di una svolta.
Certo, i ritardi sono gravi anche in altri campi prioritari, in primis la molto carente posizione nei confronti di quel che continua ad accadere nella Striscia di Gaza e l’inesistenza di iniziative valide per la cessazione dei due conflitti. Ma un impegno di un determinato tipo non esclude l’altro. Anzi, bisogna porsi nella condizione di tenere entrambi i fronti di queste vere e proprie sfide. È da sperare che le prime esperienze negative dei dazi inducano ripensamenti negli Usa. Il 30 maggio ascolteremo le Considerazioni Finali della Relazione annuale della Banca d’Italia che saranno lette dal Governatore Fabio Panetta e avremo elementi per una migliore riflessione, nonché per efficaci sollecitazioni.
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