24 Maggio 2025
CSRD, per oltre il 60% delle aziende che l’ha applicata non frena la competitività


La Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), ovvero la direttiva europea sulla rendicontazione di sostenibilità per le aziende, è spesso descritta come un ostacolo alla competitività delle imprese europee. Tuttavia, meno della metà (37%) delle imprese che hanno già pubblicato un bilancio secondo la nuova normativa europea la percepisce come un elemento di svantaggio rispetto ai concorrenti non europei. Inoltre, in merito alle proposte Omnibus I della Commissione UE, solo il 7% dei leader aziendali sostiene che la CSRD necessita di una revisione radicale o di una sostituzione completa. Secondo il 90% la Corporate Sustainability Reporting Directive è “un elemento di sovranità e potere europeo” e riconosce alla direttiva la capacità di migliorare la trasparenza, rendere più compatibile le informazioni per gli stakeholder e avere un ruolo strategico nella gestione dei rischi aziendali. Sono questi alcuni dei dati che emergono da un recente sondaggio paneuropeo condotto da WeAreEurope, un collettivo apolitico composto da professionisti europei, con il supporto di alcune tra le più rinomate business school internazionali, tra cui l’HEC di Parigi, su un panel di oltre 1000 aziende che hanno pubblicato il bilancio secondo la CSRD perché obbligate o in modo volontario.

La Corporate Sustainability Reporting Directive ha fornito negli ultimi anni una guida normativa fondamentale per il mercato, consentendo alle aziende e ai professionisti di adottare un sistema standardizzato per monitorare e comunicare l’impatto della sostenibilità, i rischi e le opportunità, basandosi sul principio della doppia materialità. Tuttavia, nell’autunno 2024, la Commissione europea ha proposto una riforma della CSRD, inserendola nel pacchetto Omnibus. Questa revisione ha introdotto cambiamenti significativi nel contenuto, nel perimetro e nelle tempistiche della direttiva, accogliendo il sentiment di quanti hanno manifestato perplessità riguardo alla compatibilità tra competitività e sostenibilità.

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Un elevato livello di soddisfazione e il ruolo strategico della CSRD

Di fronte alle proposte di semplificazione dell’Omnibus i membri di WeAreEurope hanno avviato un’indagine mirata coinvolgendo direttamente i professionisti impegnati nell’implementazione della CSRD in tutta Europa. Il sondaggio è stato sviluppato con il contributo di docenti di prestigiose università, tra cui HEC Paris, York University Ontario, Copenhagen Business School (CBS), CERCES e LMU Munich.

L’indagine, condotta su 1.062 dirigenti aziendali di 26 Paesi dello Spazio economico europeo (SEE), ha evidenziato un ampio sostegno alla CSRD. Infatti il 61% degli intervistati ha dichiarato di essere soddisfatto o molto soddisfatto della normativa votata nel 2022.  Mentre l’84% sostiene gli obiettivi generali di sostenibilità dell’UE e solo il 3% ha espresso un’opposizione netta a queste politiche.

Secondo Andreas Rasche, professore alla Copenhagen Business School, la CSRD rappresenta non solo un’iniziativa di trasparenza, ma anche uno strumento strategico per le imprese, in grado di guidare la loro trasformazione verso modelli di business più sostenibili. La regolamentazione offre un quadro di riferimento chiaro e comparabile per la rendicontazione ESG (ambientale, sociale e di governance), aiutando le aziende a strutturare le proprie strategie in un contesto più coerente e trasparente.

Insoddisfazione diffusa sulla riforma Omnibus della CSRD

La riforma Omnibus della CSRD sta generando un forte senso di incertezza tra le aziende europee. Secondo il sondaggio, solo il 25% degli intervistati ha dichiarato di essere molto o moderatamente soddisfatto delle modifiche proposte. Questo dato trova conferma in una precedente indagine condotta da Global Compact durante un webinar dedicato alla riforma, in cui il 70% dei partecipanti (su un totale di 1.500) ha espresso sentimenti di confusione, frustrazione e delusione, mentre solo il 13% si è detto ottimista e favorevole.

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Analizzando nel dettaglio il livello di soddisfazione rispetto alle modifiche Omnibus, emerge una netta differenza tra chi era già critico nei confronti della CSRD e chi invece la supportava. Tra coloro che già esprimevano insoddisfazione verso la CSRD, il 39% ritiene che la riforma Omnibus sia un miglioramento. Mentre tra le aziende che inizialmente sostenevano la CSRD il 17% approva le nuove disposizioni.

Stando all’analisi, questi risultati indicano una diffusa preoccupazione sulla direzione intrapresa dalla Commissione europea e suggeriscono che la riforma, anziché semplificare il quadro normativo, potrebbe generare nuove complessità e incertezze per le imprese. La necessità di maggiore chiarezza e guida normativa diventa quindi fondamentale per garantire un equilibrio tra trasparenza, sostenibilità e operatività aziendale.

La soglia dei dipendenti: il dibattito sull’Omnibus Proposal

Uno dei temi più controversi emersi dal sondaggio riguarda la proposta di aumentare la soglia minima di dipendenti per l’applicazione della CSRD. L’Omnibus Proposal, attualmente al vaglio del Parlamento europeo, suggerisce di innalzare il requisito da 250 a 1.000 dipendenti, escludendo così molte aziende (circa l’80%) dall’obbligo di rendicontazione.

Secondo il sondaggio, solo il 25% degli intervistati sostiene questa modifica, mentre la maggioranza preferisce una soglia a 500 dipendenti, anche tra le aziende con 500-1.000 lavoratori. Tuttavia, il negoziatore capo del Parlamento europeo, Jörgen Warborn, potrebbe proporre un ulteriore aumento fino a 3.000 dipendenti, una soglia che il sondaggio ha chiaramente indicato come non desiderata dalle aziende.

La CSRD come elemento di sovranità europea

A dispetto delle critiche mosse da alcuni ambienti politici sulla presunta perdita di competitività dell’UE, il sondaggio ha messo in luce un aspetto sorprendente: il 90% degli intervistati vede la CSRD come “un elemento di sovranità e potere europeo”, smentendo l’idea che le norme di sostenibilità indeboliscano il tessuto economico. In un contesto di competizione globale alimentata da iniziative geopolitiche degli Stati Uniti o della Cina, la percezione della CSRD come elemento della sovranità e del potere dell’Europa è ampiamente condivisa tra gli intervistati nelle tre dimensioni proposte:

  • La CSRD sta diventando uno standard mondiale per l’ESG
  • Potenziale aziendale con il settore dei dati ESG
  • Monitoraggio dell’impatto ESG delle aziende extra-UE

I sei principali punti di forza della CSRD sono stati riconosciuti dalla maggioranza degli intervistati. In particolare, i più apprezzati riguardano il miglioramento della trasparenza, la maggiore comparabilità delle informazioni per gli stakeholder e il ruolo strategico della direttiva nella gestione aziendale. Tuttavia, il beneficio meno condiviso è la semplificazione del reporting ESG, che non ha ottenuto un consenso altrettanto ampio.

Le principali criticità della CSRD, evidenziate dagli intervistati, riguardano la mancanza di indicazioni chiare, la disparità di impatto sulle piccole imprese (PMI) e i costi elevati legati alla preparazione dei report, considerata un processo lungo e complesso.

Inoltre, una piccola maggioranza di aziende ha segnalato che le tempistiche di attuazione risultano troppo ristrette, suggerendo che una sospensione temporanea dei requisiti potrebbe essere utile per facilitare l’adeguamento.

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Nonostante le critiche sulla competitività, solo il 37% degli intervistati ritiene che la CSRD metta le imprese europee in svantaggio rispetto ai concorrenti extra-UE, sfidando la narrativa secondo cui la regolamentazione ambientale comprometterebbe la posizione del mercato europeo.

Una regolamentazione da affinare, non da eliminare

Nonostante alcune criticità, la CSRD emerge come un pilastro della strategia di sostenibilità dell’UE, con un ampio sostegno da parte delle imprese. La Commissione europea dovrà ora trovare un equilibrio tra semplificazione e trasparenza, affinando la regolamentazione in modo che favorisca la competitività senza compromettere gli obiettivi di sostenibilità.

I prossimi mesi saranno cruciali per definire le modifiche all’Omnibus Proposal e stabilire il perimetro definitivo della direttiva, mantenendo il dialogo aperto tra imprese, istituzioni e investitori.



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