
TRENTO. Prima dell’annuncio di Donald Trump che ha minacciato di portare i dazi all’Europa al 50%, nei palazzi del governo italiano si respirava una grande fiducia sul fatto che l’intesa con gli Stati Uniti fosse vicina, e che potesse ricalcare lo schema firmato dal Regno Unito con tariffe al 10%. La nuova escalation commerciale dell’America non solo ha spiazzato il centrodestra, ma sta provocando una vera e propria spaccatura nell’esecutivo sulla linea che l’Ue debba mantenere nel negoziato. Matteo Salvini imputa all’Europa di non aver aperto un’interlocuzione seria con gli Usa. Antonio Tajani accusa il leader della Lega di fare «retorica antieuropeista».
Al di là delle schermaglie tra alleati, il centrodestra tenta di minimizzare la scure di Trump facendola passare per una «mossa negoziale». Giancarlo Giorgetti è convinto che un compromesso sostenibile sia ancora raggiungibile, occorre continuare a trattare smussando gli angoli. Peraltro, era stato proprio il ministro dell’Economia dal palco del Festival di Trento a credere a un accordo finale su barriere commerciali al 10%. In attesa di capire come evolveranno le politiche protezionistiche a stelle e strisce soggette ai repentini cambi di rotta di Trump, il governo ha riaperto il cassetto in cui era finita la proposta di prevedere indennizzi alle imprese maggiormente in sofferenza a causa delle tariffe. L’idea è quella di inserire degli incentivi nell’ambito della grande revisione del Pnrr in programma entro fine giugno. Il valore degli obiettivi da ricalibrare sfiora i 15 miliardi di euro e tra questi ci sono quei 6 miliardi di Transizione 5.0 a cui le imprese non hanno avuto accesso a causa di paletti burocratici troppo stringenti. «La proposta sugli indennizzi è ancora in campo», conferma una fonte vicina al dossier. L’alternativa sarebbe quella di preparare una risposta con la legge di bilancio, tuttavia i margini sono strettissimi. Lo ha ricordato ieri a Trento la presidente dell’Upb Lilia Cavallari, partecipando a un panel sulla riforma fiscale. «La coperta è piuttosto corta, fare debito è estremamente difficile, il tetto alla spesa primaria netta è intoccabile. La legge di bilancio ha vincoli molto stretti – ricorda Cavallari – soprattutto in questa situazione internazionale dove le pressioni sulla spesa per la difesa sono forti, per cui questo stringe ulteriormente le possibilità per altri tipi di intervento».
Per quanto riguarda l’atteggiamento di Trump, Salvini lo giustifica: «Che annunci i dazi per aprire le trattative mi sembra ovvio. Poi bisogna vedere chi sta trattando, io conto che a Bruxelles ci sia qualcuno con una linea diretta con gli Usa». Il problema, insiste il vice premier della Lega, sono i commissari al tavolo: «Se tutti si accordano, la Cina, l’India, il Messico, il Canada, il Regno Unito e resta fuori solo l’Europa non è un problema di Trump, ma una mancanza di interlocuzione seria a Bruxelles».
La lettura del segretario del Carroccio non piace a Tajani che risponde duramente: «Io lavoro per aiutare l’Ue a raggiungere il migliore obiettivo possibile. Non mi ha mai convinto la retorica antieuropeista». Il ministro degli Esteri difende Maros Sefcovic, politico slovacco socialdemocratico e commissario europeo al Commercio: «È un ottimo negoziatore, è una sciocchezza dire che non deve negoziare l’Unione Europea, bisogna conoscere il diritto».
Tutti sono convinti – e si augurano – che un’intesa sia possibile. Lo ribadiscono Giorgetti e Tajani e anche la presidente del Consiglio è impegnata a «costruire ponti». Giorgia Meloni sta facendo «la pompiera grazie al suo rapporto personale molto forte con Donald Trump», riferisce il ministro Luca Ciriani che non nasconde il pericolo a cui potrebbe andare incontro l’Italia: «Da una guerra dei dazi ne usciremmo con le ossa rotte, bisogna evitarla». Soprattutto adesso che il Paese ha incassato la fiducia delle agenzie di rating, a partire dal giudizio di Moody’s che ha rivisto al rialzo l’outlook da stabile a positivo.
Con i dazi al 30% il Def aveva stimato un impatto sul Pil dello 0,3%, il che vuol dire che la previsione di crescita dello 0,6 nel 2025 si dimezzerebbe allo 0,3%.
Secondo l’Istat le tariffe potrebbero ridurre il prodotto interno lordo dello 0,2% nel 2025 e dello 0,3% nel 2026. Per la Banca d’Italia le barriere commerciali americane rischiano di avere un peso sull’economia italiana per oltre mezzo punto percentuale nel triennio 2025-2027. Se i dazi dovessero attestarsi al 50% lo scenario potrebbe diventare molto più cupo.
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