
La Germania prova a far ripartire l’economia nazionale approvando un pacchetto, per le sue imprese, da 46 miliardi di euro. Lo stop della locomotiva tedesca ha avuto ripercussioni anche per la crescita nell’eurozona che, come certifica S&P, «è riuscita a malapena a segnalare una nuova espansione nel mese di maggio, sebbene con un tasso di crescita ulteriormente rallentato». L’attività economica ha subito il freno del prolungato infiacchimento della domanda di beni e servizi, limitando la crescita dell’occupazione e costringendo le aziende a ridurre ulteriormente il cumulo degli ordini inevasi.
La Germania e il suo piano per rilanciare l’economia
Il governo tedesco ha approvato il suo primo pacchetto fiscale multimiliardario per alleviare il peso sull’economia. Questo pacchetto, destinato principalmente alle aziende, beneficerà di uno sgravio di quasi 46 miliardi di euro per gli anni dal 2025 al 2029. Il pacchetto legislativo del ministro delle Finanze, Lars Klingbeil, mira a fornire alle aziende incentivi agli investimenti, anche attraverso l’ampliamento delle opzioni di ammortamento per macchinari e veicoli elettrici. Un pacchetto che segue quanto era stato annunciato da Friedrich Merz, cancelliere federale della Germania durante il suo primo discorso di insediamento in materia economica.
Merz ha infatti osservato come il quadro economico tedesco non sia più competitivo e ha promesso di fare tutto il possibile per aiutare l’economia a ritornare su un percorso di crescita.
E dunque via alle agevolazioni per il super ammortamento che si applicheranno per tre anni: 2025, 2026 e 2027. A partire dal 2028, l’aliquota dell’imposta sulle società diminuirà gradualmente dall’attuale 15% al 10% nel 2032. Questo obiettivo mira a garantire alle aziende una pianificazione a lungo termine e a rafforzare la reputazione della Germania come sede commerciale. Il governo federale, i Laender e i comuni devono tener conto di un calo delle entrate fiscali che potrebbe comunque suscitare resistenze in seno al Bundesrat. Il primo dibattito sul pacchetto è previsto per giovedì 5 giugno al Bundestag. Se le cose si muoveranno rapidamente, tutte le decisioni necessarie potrebbero essere prese in Parlamento entro la pausa estiva.
L’Italia: scende il deficit e non ci sarà nessun richiamo
Per quanto riguarda l’Italia, «il saldo primario di bilancio è tornato positivo, mentre non si prevede alcuna riduzione del debito pubblico nei prossimi anni. Il disavanzo pubblico italiano è sceso al 3,4% del Pil nel 2024, dal 7,2% dell’anno precedente, con un conseguente avanzo primario dello 0,4% del prodotto interno loro, il primo dal 2019». Questo quanto emerge dalle raccomandazioni per l’Italia presentante nella giornata del 4 giugno nel pacchetto di primavera del Semestre europeo.
«Questo miglioramento è stato ottenuto principalmente grazie alla riduzione dei crediti d’imposta per la ristrutturazione degli alloggi (circa il 3,5% del Pil), all’eliminazione graduale delle misure di mitigazione dei prezzi elevati dell’energia (1% del Pil) e al forte gettito dell’imposta sui redditi delle persone fisiche». Come scritto dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, il disavanzo pubblico diminuirà ulteriormente al 3,3% del Pil nel 2025 e al 2,9% del Pil nel 2026, a politiche invariate.
Dopodiché la Commissione Ue ha sottolineato lo stesso dato sottolineato dall’Ocse e cioè che «la tendenza al ribasso del rapporto debito pubblico/Pil fino al 2023 ha invertito la rotta nel 2024 e si prevede un ulteriore aumento fino al 2026». Tale aumento – conclude il report – è dovuto al considerevole fabbisogno di indebitamento legato all’impatto fiscale ritardato dei precedenti crediti d’imposta per le ristrutturazioni edilizie.
Inoltre la Commissione Ue ritiene che per Francia, Italia, Ungheria, Malta, Polonia e Slovacchia non sia necessario adottare ulteriori misure nell’ambito della procedura d’infrazione per deficit eccessivo. Lo rileva la Commissione Ue presentando il pacchetto di primavera del semestre europeo, il meccanismo di coordinamento europeo delle politiche di bilancio. Allo stesso tempo, la Commissione rileva come l’Ungheria, la Grecia, l’Italia, i Paesi Bassi, la Slovacchia e la Svezia continuano a registrare squilibri, «poiché le loro vulnerabilità rimangono nel complesso rilevanti».
Italia, spesa per la difesa lontano dal 2% nel 2025
Non è come si diceva. La spesa pubblica per la difesa in Italia sarà pari all’1,3% del Pil quest’anno, come l’anno scorso. «La spesa pubblica per la difesa in Italia – si legge nel report – è stata pari all’1,4% del Pil nel 2021 e all’1,2% del Pil sia nel 2022 che nel 2023.
Secondo le previsioni della Commissione di primavera 2025, la spesa per la difesa è prevista all’1,3% del Pil sia nel 2024 che nel 2025. Ciò corrisponde a una diminuzione di 0,1 punti percentuali del Pil rispetto al 2021».
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