17 Giugno 2025
Altro che difesa del Made in Italy, nel 2024 crescono le contraffazioni


Sempre più posti di lavoro a rischio. L’illegalità pesa anche sulle imprese del commercio e dei pubblici esercizi per ben 39,2 miliardi di euro nel 2024. Mettendo a rischio 276mila posti di lavoro regolari, un dato in crescita rispetto all’anno precedente. Dati dai quali emerge come il contrasto alla contraffazione e la tutela del tanto sbandierato Made in Italy di questo governo stiano dando ben pochi frutti. A presentarli è stata Confcommercio, in occasione di un convegno promosso insieme alla Guardia di finanza delle Marche. Ma le cifre sono nazionali e riguardano quindi tutta l’Italia: “La contraffazione, nel 2024, ha causato un danno economico di 5,1 miliardi di euro alle imprese italiane”, come spiega Marco Barbieri, segretario generale di Confcommercio Imprese per l’Italia.

Contraffazioni in aumento, Made in Italy a rischio

Ci sono più di sei aziende su dieci che si dichiarano colpite da pratiche illecite come l’abusivismo e la vendita di prodotto falsi, “fenomeni che danneggiano l’economia legale e compromettono il decoro urbano”. E per questa ragione Confcommercio chiede un rafforzamento dei controlli “a tutela della legalità e della concorrenza leale”. Inoltre viene chiesto di riconoscere incentivi “adeguati” alle imprese che investono in sicurezza. Andando a guardare i dati, le aziende che si ritengono penalizzate da abusivismo e contraffazione nel Centro Italia sono il 63,2%, dato superiore a quello nazionale. Il costo dell’abusivismo commerciale è di 10,3 miliardi, quello nella ristorazione è di 7,4 miliardi e la contraffazione vale 5,1 miliardi. Un consumatore su quattro (24,2%) sostiene di aver acquistato un prodotto contraffatto o un servizio illegale nel 2023, un fenomeno “collegato a ragioni economiche”.

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I consumi non ripartono

Confcommercio fornisce anche dati riguardanti il Pil, con una crescita per l’Italia attesa dello 0,1% a maggio e giugno e una variazione annua dello 0,8%. Una cifra comunque superiore a quella di altre stime per l’anno in corso. Ma resta quello che viene definito un “anello debole”, ovvero la difficoltà dei consumi, che crescono meno di quanto era atteso e sperato. Le famiglie italiane “continuano a mostrare una scarsa propensione al consumo”, secondo l’associazione. A pesare, nonostante un’inflazione quasi stabilizzata su valori inferiori al 2%, c’è l’incertezza globale, soprattutto in riferimento alle incognite della guerra dei dazi scatenata dal presidente Usa, Donald Trump. Questo contesto viene ritenuto come un possibile freno al recupero della fiducia anche da parte dei consumatori, oltre che agli investimenti.



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