27 Giugno 2025
9 lavoratori su 10 segnalano casi di discriminazione sul lavoro. E solo il 37% delle aziende affronta il problema


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Solo il 37% degli intervistati dichiara che nella sua società ci sono strumenti per gestire tensioni legate alle diversità.

Nove lavoratori su dieci segnalano episodi di discriminazione in ambito professionale sulla base di etnia, genere, orientamento sessuale, disabilità, età, aspetto fisico e altre caratteristiche personali, come il credo religioso. Il 28% dichiara di averli subiti in prima persona. Eppure, la percezione diffusa è che le imprese non prendano iniziative concrete per affrontare il problema, a dispetto delle dichiarazioni di intenti: il 64% delle persone si riconosce nell’affermazione ‘Tante aziende parlano di programmi di diversità e inclusione, ma non fanno niente per i lavoratori come me’. Solo il 37% afferma che nella sua società ci sono strumenti per gestire tensioni legate alle diversità.

Sono i risultati della ricerca Oltre le diversità: percezioni, esperienze e bisogni, condotta da Tack Tmi Italy, società di Gi Group, su un campione di 1.500 persone che lavorano nel nostro Paese.

Le cause della discriminazione

Il principale fattore di pregiudizi è l’etnia, citata dal 62% del campione. Seguono l’orientamento sessuale, con il 49%, e la disabilità, con il 48%. Nel complesso, tre lavoratori nati fuori dall’Italia su quattro hanno subito discriminazioni.

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Sull’etnia emergono differenze a seconda dei territori e dei settori: nel Nord-est e nel comparto manifatturiero, per esempio, emergono più che altrove gli stereotipi nei confronti dei lavoratori stranieri, considerati meno collaborativi e meno rispettosi delle regole.

Il quadro cambia, in parte, quando si chiede a chi ha subito episodi di discriminazione quale sia stata la causa: i motivi più citati sono il genere e l’età (14%), davanti all’aspetto fisico (10%). A riportare questi episodi sono soprattutto donne e persone sotto i 35 anni.

L’inclusione come necessità

“Quando i lavoratori considerano come valori fondamentali l’integrità, la trasparenza, la collaborazione e il lavoro di squadra, inclusione ed equità non possono più essere viste come un extra, ma diventano una necessità”, ha commentato Irene Vecchione, amministratore delegato di Tack Tmi Italy. “Le aziende devono impegnarsi seriamente su questi temi, a livello culturale e gestionale”. Il 93% del campione dice che la soddisfazione sul posto di lavoro non dipende solo da fattori come retribuzione, bilanciamento tra vita privata e professionale e possibilità di sviluppo di carriera, ma anche dal sentirsi riconosciuti, accolti e rispettati per come si è e da un allineamento rispetto ai valori aziendali.

Vecchione ha aggiunto che, se le discriminazioni sul luogo di lavoro esistono ancora, è anche a causa del cosiddetto “effetto alone, un meccanismo mentale che ci porta a giudicare una persona in modo positivo o negativo su tutto, partendo da un solo tratto, come l’aspetto o il modo di parlare. Per cambiare le cose è importante lavorare su questi automatismi e capire dove le politiche di diversità, equità e inclusione possono essere migliorate. Servono formazione e coinvolgimento a tutti i livelli dell’azienda, per costruire una cultura più giusta, motivante e capace di attrarre e trattenere i talenti”.

L’importanza della formazione

Solo il 30% delle aziende con meno di 50 dipendenti mette a disposizione strumenti per gestire i problemi legati alla diversità. La quota sale al 41% tra le imprese di medie dimensioni (50-500 dipendenti) e al 47% tra le grandi.

Solo il 21% degli intervistati ha dichiarato di avere partecipato a iniziative di sensibilizzazione. L’ambito su cui le persone ritengono più importante ricevere formazione è l’empatia, cioè la capacità di mettersi nei panni degli altri e comprenderli, pur senza avere condiviso le loro esperienze.

“Non basta sensibilizzare”, ha aggiunto Vecchione. “Bisogna cambiare davvero la cultura delle organizzazioni per creare ambienti di lavoro più giusti, dove le persone stiano meglio e siano più coinvolte. La sfida è chiara: la diversità deve diventare una realtà concreta nei luoghi di lavoro, riconoscendone il valore umano e il potenziale di crescita e innovazione”.

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