29 Giugno 2025
G7, accordo sulla global minimum tax per le multinazionali con esenzioni per le Big Tech Usa


L’intesa evita le “revenge tax” minacciate da Trump contro le imprese dei Paesi che applicano la global minimum tax e potrebbe sbloccare i negoziati sui dazi tra Usa e Ue. Intanto, il Senato apre il dibattito sulla controversa legge di bilancio di Trump, approvata con 51 voti a 49

Durante l’ultimo vertice del G7, che riunisce i leader di sette tra le democrazie più influenti al mondo, è stato siglato un accordo importante sulla tassazione globale delle multinazionali. L’intesa prevede un’esclusione significativa per le aziende statunitensi dalla global minimum tax, la tassa minima globale del 15% sui profitti delle grandi multinazionali, attiva dallo scorso anno. Una nuova vittoria politica per il presidente Usa Donald Trump.

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Questa decisione nasce per evitare le cosiddette revenge tax, ovvero le “tasse di vendetta” minacciate dall’amministrazione Trump contro le imprese di quei Paesi che applicano la global minimum tax, inclusi molti Stati membri dell’Unione europea come l’Italia. Queste imposte punitive, attualmente al vaglio del Senato americano, avrebbero imposto un’aliquota aggiuntiva del 20% sui redditi di imprese e cittadini stranieri attivi negli Stati Uniti, rischiando di alimentare ulteriormente le tensioni commerciali.

Global minimum tax: cos’è e cosa prevede l’accordo del G7

La global minimum tax è stata introdotta nel 2021, dopo anni di complesse trattative internazionali coordinate dall’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), con l’obiettivo di contrastare l’elusione fiscale delle grandi multinazionali, in particolare le Big TechUsa. Prima di questa tassa, molte società spostavano i profitti in Paesi a bassa tassazione come Irlanda e Lussemburgo, pagando imposte quasi simboliche. La global minimum tax fissa un’aliquota minima del 15% per garantire una maggiore equità fiscale a livello globale.

Tuttavia, l’accordo del G7 – presieduto dal Canada e composto da Stati Uniti, Giappone, Regno Unito, Germania, Francia e Italia – introduce una “soluzione parallela” che esenta le multinazionali americane da alcune parti del nuovo regime fiscale, riconoscendo le tasse già versate negli Stati Uniti. Questa intesa riguarda solo i Paesi del G7 e il suo impatto pratico e vincolante resta da definire, soprattutto perché oltre 130 Paesi hanno aderito alla global minimum tax.

La presidenza canadese ha sottolineato che questa soluzione tutela la sovranità fiscale nazionale e mira a preservare i risultati ottenuti nella lotta contro l’erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili, garantendo al contempo maggiore stabilità e certezza al sistema fiscale internazionale.

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Implicazioni per l’Italia e il nodo della Web Tax

L’accordo arriva in un momento cruciale per i rapporti commerciali tra Ue e Usa, mentre si avvicina la scadenza del 9 luglio per trovare un’intesa sui dazi. Nonostante i negoziati procedano lentamente, questa nuova intesa sulla global minimum tax potrebbe rappresentare una leva decisiva per facilitare il dialogo e prevenire ulteriori conflitti tariffari tra le due potenze economiche.

L’Italia sembra pronta ad accettare un altro compromesso. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha dichiarato che una tariffa unilaterale del 10% sulle importazioni europee da parte degli Stati Uniti sarebbe sostenibile per l’industria italiana, pur colpendo settori strategici come farmaceutica, automotive e meccanica.

Resta aperto il capitolo della Web Tax italiana, un’imposta del 3% sul fatturato realizzato dai giganti digitali americani con clienti italiani, anche senza presenza fisica nel Paese. Questa tassa, simile a quella adottata in Canada che aveva provocato una dura reazione da parte di Trump, ha generato nel 2024 un gettito di 455 milioni di euro, con un aumento del 16% rispetto all’anno precedente. Dal 2025, la Web Tax sarà estesa anche alle aziende con fatturato globale superiore a 750 milioni di euro.

Giorgetti: “Un compromesso onorevole”

Il ministro dell’Economia italiano, Giancarlo Giorgetti, ha accolto con favore l’accordo, definendolo un “compromesso onorevole” che evita le ritorsioni automatiche previste dalla sezione 899 del Big Beautiful Bill, la legge fiscale Usa in discussione al Senato. Secondo Giorgetti, questo accordo protegge le imprese italiane e favorisce un clima di stabilità nel sistema fiscale internazionale, pur lasciando aperte questioni cruciali legate alla tassazione dell’economia digitale e alla tutela della sovranità fiscale.

Senato Usa dà il via al dibattito sul bilancio di Trump

Il Senato degli Stati Uniti ha approvato con un voto risicato di 51 favorevoli e 49 contrari l’avvio del dibattito sulla legge di bilancio proposta da Donald Trump, segnando un’altra tappa importante per il tycoon della Casa Bianca. Nonostante la forte opposizione interna, con due senatori repubblicani dissidenti che si sono uniti ai 47 democratici nel voto contrario, la maggioranza ha permesso di far partire la discussione sul cosiddetto “Great, Big, Beautiful Bill”.

Questo disegno di legge, del valore di 4,5 trilioni di dollari, punta a estendere i tagli fiscali del primo mandato Trump e a rafforzare la sicurezza ai confini, ma prevede anche pesanti riduzioni nei programmi di assistenza sociale, alimentando divisioni profonde nel Paese.

Trump ha esultato su Truth, definendo il voto “una grande vittoria” e rilanciando il suo slogan “Make America Great Again”.

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