4 Luglio 2025
Manifattura, dati e AI: l’Italia industriale punta su open innovation e filiere digitali. I casi: TeamSystem, Intellico, ClyUp, Centro Style, MartinoRossi, Talentis, Impact Hub


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«Non possiamo più pensare che tutta l’innovazione venga solo dall’interno dell’azienda. Serve un dialogo continuo tra start-up, pmi, grandi imprese e istituzioni. L’Italia, e la Lombardia in particolare, mostrano segnali incoraggianti. Il valore generato dai servizi legati all’open innovation è cresciuto fino a raggiungere quasi 700 milioni di euro all’anno». Così Jacopo Moschini, Presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria Lombardia, durante la tavola rotonda “Dalla ricerca all’impresa: l’open innovation per un’Italia digitale e sostenibile”, organizzata nell’ambito del MICS – Made in Italy Circolare e Sostenibile, il Partenariato Esteso tra Università, Centri di Ricerca e Imprese finanziato dal Mur (Ministero dell’Università e della Ricerca) grazie ai fondi messi a disposizione dall’Unione Europea nell’ambito del programma NextGenerationEU (Pnrr). MICS è composto da 25 partner, di cui 12 del settore pubblico e 13 industriali provenienti da tre settori chiave dello scenario industriale italiano: Abbigliamento, Arredamento e Legno, Automazione e Meccanica.

Dall’incontro emerge una fotografia nitida: il nuovo paradigma manifatturiero è mettere a sistema tecnologie, competenze e best practice, riducendo le barriere tra un’azienda e l’altra, tra un comparto e l’altro. L’obiettivo non è solo creare valore economico, ma anche diventare sempre più competitivi a livello internazionale. L’open innovation non è ancora diventata prassi industriale diffusa, anche se dovrebbe esserlo. Ma la strada è ancora lunga: se da un lato l’86% delle corporate italiane dichiara di partecipare ad attività di open innovation, dall’altro solo il 7,6% adotta modelli avanzati come venture building, corporate venture capital o venture clienting (dati Impact Hub). La collaborazione tra start-up e imprese esiste, ma è ancora troppo spesso ostacolata da differenze culturali e burocratiche. In questo scenario, diventa urgente investire sulle competenze. Perché l’innovazione non si fa solo con le tecnologie, ma con le persone. L’intelligenza artificiale avanza più velocemente della capacità di apprenderla, creando un divario crescente tra chi innova davvero e chi resta fermo.

Le testimonianze raccolte – da Intellico.ai a TeamSystem, da Centro Style a ClyUp, da MartinoRossi a Impact Hub – dimostrano che le soluzioni esistono, ma è necessario che il Paese – attraverso università, enti territoriali, associazioni e industria – si doti di una strategia integrata per costruire le competenze del futuro. Solo così l’Italia potrà restare centrale nelle filiere europee, industriali e tecnologiche. Al convegno ne abbiamo parlato con Jacopo Moschini, Presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria Lombardia; Giorgia Sali, Head of Marketing Business Partner Italy, TeamSystem; Francesca Saraceni, ceo e co-founder di Intellico.ai; Marianna Chiavassa, Founder, ClyUp; Pietro Conti, General Manager, Centro Style; Stefano Rossi, ceo MartinoRossi; Gianluca Costanzo, vicepresidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria; Camilla Budelli, Open Innovation Strategist di Impact Hub.

La tavola rotonda “Dalla ricerca all’impresa: l’open innovation per un’Italia digitale e sostenibile”, organizzata nell’ambito del MICS – Made in Italy Circolare e Sostenibile, il Partenariato Esteso tra Università, Centri di Ricerca e Imprese finanziato dal Mur (Ministero dell’Università e della Ricerca) grazie ai fondi messi a disposizione dall’Unione Europea nell’ambito del programma NextGenerationEU (Pnrr). MICS è composto da 25 partner, di cui 12 del settore pubblico e 13 industriali provenienti da tre settori chiave dello scenario industriale italiano: Abbigliamento, Arredamento e Legno, Automazione e Meccanica.

Jacopo Moschini, Confindustria Giovani Lombardia: «Servono nuove imprese, alleanze e una strategia europea per non restare indietro»

Jacopo Moschini, Presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria Lombardia.

Innovare per crescere. Ma anche per resistere. È il pensiero di Jacopo Moschini. «Pensare al futuro – dice – impone una presenza attiva nel presente. E il presente corre veloce». Per Moschini, serve una via italiana all’innovazione, capace di valorizzare il patrimonio imprenditoriale e di aprirsi al cambiamento. Ma pesa il nodo normativo: «Senza decreti sullo Start-up Act restiamo fermi. Serve una politica europea per rendere l’ecosistema più accessibile».

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Intanto l’intelligenza artificiale sta già cambiando il lavoro: «I miei collaboratori non fanno più le stesse cose di due anni fa». Per affrontare questi cambiamenti, conclude Moschini, «le imprese devono attrezzarsi. Non possiamo galleggiare: dobbiamo navigare, sfruttando ogni leva, a partire dall’open innovation».

 

Giorgia Sali, TeamSystem: «Le tecnologie devono essere invisibili per l’utente. Solo così l’innovazione diventa scalabile»

Giorgia Sali, Head of Marketing Business Partner Italy, TeamSystem.

Con 5.000 dipendenti e un posizionamento consolidato sulle tecnologie digitali per le imprese, TeamSystem vede l’evoluzione delle Pmi italiane come un processo da supportare in modo concreto e scalabile. «L’obiettivo – spiega Giorgia Sali, Head of Marketing Business Partner Italy – è costruire soluzioni digitali che risolvano problemi operativi reali, con piattaforme integrate, semplici da usare e pronte a crescere con l’impresa». Il piano è ambizioso: quasi un miliardo di euro di investimenti entro il 2029, su tre direttrici. Cloud, perché molte piccole imprese operano ancora con server fisici che creano problemi di aggiornamento, compliance e sicurezza. Cybersecurity, perché gli attacchi alle PMI sono in aumento e i costi per riprendersi sono alti. Intelligenza artificiale, che per TeamSystem deve essere «invisibile all’utente, integrata nei processi in modo che le persone lavorino meglio senza accorgersene».

Il vero nodo, avverte Sali, è il divario tra la velocità dell’innovazione e la capacità di adozione: «Per la prima volta vediamo tecnologie che evolvono più in fretta di quanto i lavoratori riescano a impararle». Per questo TeamSystem ha già integrato l’AI nei software, con strumenti di benchmarking che permettono alle imprese di confrontare i propri KPI con quelli dei competitor e algoritmi che analizzano dati e generano contenuti con livelli di precisione in costante miglioramento. «L’innovazione funziona solo quando è usabile – conclude Sali –. Se vogliamo che le PMI restino un laboratorio diffuso di crescita e competitività, dobbiamo renderla accessibile e concreta, ogni giorno».

 

Francesca Saraceni, Intellico: «Il vero valore sta nel patrimonio informativo delle imprese»

Francesca Saraceni, ceo e co-founder di Intellico.ai.

Intellico.ai nasce durante la pandemia per valorizzare i dati industriali, oggi vero asset competitivo. «Aiutiamo settori come chimica e manifattura a velocizzare le previsioni e adattarsi a normative e trend di mercato» spiega Francesca Saraceni, Ceo. L’azienda recupera know-how progettuale con analisi sui profili Cad, riducendo tempi ed errori, e accelera la gestione dei capitolati per ridurre il time-to-market. Per Saraceni, l’Europa può giocare la sua partita industriale proprio sui dati: «Non è se adottare l’AI, ma come integrarla nei processi».

Il nodo è la formazione mirata: «AI e impresa si incontrano su quattro assi: costo del lavoro, energia, internazionalizzazione e proprietà intellettuale. La competitività passerà dai dati, non solo dalle merci». Conclude Saraceni: «Il valore dell’AI è nella sua applicazione industriale, non nella definizione».

 

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Marianna Chiavassa, ClyUp: «Innovare vuol dire far dialogare tradizione e digitale»

Marianna Chiavassa, Founder, ClyUp.

La moda sostenibile richiede infrastrutture, non solo intenzioni. ClyUp ha creato un marketplace digitale che connette produttori, artigiani del riuso e consumatori, per dare struttura a un settore ancora frammentato. «Offriamo e-shop personalizzabili per il second hand e l’artigianato, rendendo accessibili prodotti sostenibili spesso esclusi dal circuito industriale» spiega Marianna Chiavassa, founder.

Centrale il passaporto digitale del tessile: un QR code che racconta storia, materiali e certificazioni del capo. «La blockchain garantisce autenticità e tracciabilità: uno strumento per ridare voce ai prodotti». Il vero ostacolo, spiega Chiavassa, è culturale: «È difficile comunicare l’artigianalità con la tecnologia, per questo usiamo video e formati interattivi». ClyUp lavora anche sulla formazione, con Blue World e un’università delle rinnovabili: «Vogliamo dare agli studenti strumenti reali per costruire start-up solide».

 

Pietro Conti, Centro Style: «Puntare sul servizio e investire in tecnologie scalabili»

Pietro Conti, General Manager, Centro Style.

Centro Style, nata quasi 50 anni fa, si è trasformata da impresa familiare a piattaforma di servizio per la filiera ottica. «Negli anni ’70 vendevamo viti e cerniere agli ottici artigiani. Oggi puntiamo a essere un riferimento completo» spiega Pietro Conti, General Manager.

La svolta è arrivata con la logistica: 16.000 clienti serviti, 12.000 referenze gestite e un magazzino automatizzato che spedisce in giornata il 70% degli ordini. «Stiamo raddoppiando l’infrastruttura con robot free moving» aggiunge Conti, sottolineando che connettività e velocità sono ormai requisiti industriali. Accanto alla tecnologia conta il capitale umano: designer, esperti 3D, ingegneri, specialisti IT. «Non basta il passaggio generazionale, servono nuove competenze». L’intelligenza artificiale, conclude Conti, «è centrale per gestire dati, capire i clienti e migliorare i processi».

 

Stefano Rossi, MartinoRossi: «Investiamo su ricerca, linee produttive e governance»

Stefano Rossi, ceo MartinoRossi.

Nel 2010 MartinoRossi era una Pmi a rischio marginalizzazione. Oggi è una realtà del food italiano, proiettata verso i 100 milioni di fatturato e presente nei mercati internazionali. La svolta è arrivata puntando sull’innovazione, lasciando la logica della commodity. «Eravamo schiacciati dalle multinazionali – ricorda Stefano Rossi, Ceo –. Abbiamo iniziato a investire, a collaborare con università e clienti, sviluppando ingredienti su misura per l’industria alimentare».

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Da 12 a 150 dipendenti, da un piccolo stabilimento a una realtà globale, MartinoRossi ha investito in nuove linee, digitalizzazione e logistica. «Siamo passati dal vendere commodity a creare valore». Oggi l’azienda lavora per migliorare efficienza e velocità operativa con un piano da 8 milioni in due anni, anche grazie ai fondi Pnrr. «Il mercato chiede qualità, tempi rapidi e soluzioni flessibili – conclude Rossi –. Le abitudini alimentari cambiano in fretta: chi non investe oggi, è fuori domani».

 

Gianluca Costanzo, Talentis: «Oggi l’innovazione è concreta, tecnica, costruita da professionisti. Ma il sistema Paese deve attrezzarsi»

Gianluca Costanzo, vicepresidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria.

Talentis, progetto dei Giovani Imprenditori di Confindustria, vuole rendere l’innovazione una pratica concreta. Tra eventi e mentorship, ha portato in finale 15 start-up e scale-up a Milano, Vicenza e Torino, puntando a costruire un ecosistema imprenditoriale solido.

«Chi fa impresa oggi ha competenze e motivazioni, ma servono sistema e capitale. Siamo indietro rispetto a Francia e Spagna» avverte Gianluca Costanzo, vicepresidente Giovani Confindustria. «O si innova davvero, o l’Italia rischia la marginalità industriale». Con Talentis, e grazie alle collaborazioni con Angel for Women e Angel for Impact, l’obiettivo è chiaro: «Non premiamo soltanto. Creiamo relazioni e aiutiamo le imprese a integrare la tecnologia, perché l’innovazione diventi lavoro quotidiano».

 

Camilla Budelli, Impact Hub: «L’innovazione non è sapere dove trovarla. È sapere dove integrarla, con tempi e strumenti compatibili»

Camilla Budelli, Open Innovation Strategist di Impact Hub.

L’open innovation è un concetto maturo, ma la sua applicazione resta discontinua. «Oggi l’86% delle corporate italiane dichiara di essere attiva su progetti di open innovation, ma spesso si tratta di iniziative superficiali o episodiche» spiega Camilla Budelli, Open Innovation Strategist di Impact Hub. Impact Hub, incubatore certificato e parte di una rete globale dedicata all’imprenditorialità a impatto, ha supportato oltre 200 startup in Italia. «Costruiamo ponti tra startup e imprese, lavorando sul piano culturale e operativo. Le startup sono rapide e incerte, le aziende strutturate e lente: il momento giusto per innovare è quando si cresce, non quando si è in crisi».

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Il principale ostacolo è operativo: burocrazia, contratti complessi, tempi lunghi. «Abbiamo visto startup bloccate da contratti da 85 pagine, quando basterebbe un protocollo chiaro in quattro pagine. L’accesso è il vero tema». Anche le startup, aggiunge Budelli, devono rispettare tempi e processi aziendali: «Non si può pretendere tutto subito». Impact Hub si propone come facilitatore, trasformando l’open innovation in un processo continuo: «Servono strumenti concreti e la capacità di connettere due mondi diversi che, insieme, possono creare vero impatto».



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