15 Luglio 2025
Parte l’offerta di Mps su Mediobanca: i punti chiave da conoscere


PIAZZETTA CUCCIA SEDE MEDIOBANCA

Oggi, 14 luglio 2025, parte ufficialmente l’Offerta pubblica di scambio lanciata da Monte dei Paschi di Siena su Mediobanca. L’operazione, già definita “ostile e non concordata” dalla banca milanese, si annuncia come uno degli scontri più rilevanti della finanza italiana degli ultimi anni, per implicazioni industriali, strategiche e politiche.

La proposta di Mps

Mps propone 2,533 azioni proprie per ogni azione Mediobanca. Un rapporto che, secondo il consiglio di amministrazione di Piazzetta Cuccia, comporta uno sconto del 32% rispetto al valore equo calcolato dagli advisor Centerview, Equita e Goldman Sachs. La valutazione, rivista dopo lo stacco dei dividendi, è ritenuta del tutto inadeguata, tanto che Mediobanca ha risposto con un documento di 118 pagine, approvato in Cda senza però il sostegno di Delfin, la cassaforte della famiglia Del Vecchio.

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La risposta di Nagel

La banca guidata da Alberto Nagel ha respinto l’offerta non solo per motivazioni economiche, ma anche per l’assenza di un vero razionale industriale. Una possibile fusione tra Mps, banca commerciale ancora segnata da anni di crisi, e Mediobanca, istituto d’affari con un posizionamento internazionale, viene ritenuta generatrice di criticità gestionali stimate tra i 460 e i 665 milioni di euro. La mancanza di complementarietà tra i due modelli operativi solleva dubbi sull’effettivo valore dell’aggregazione, che invece Mps ritiene strategica per rafforzare la propria posizione nel panorama finanziario nazionale.

La struttura dell’offerta

Altrettanto criticata è la struttura dell’offerta. La previsione di una doppia soglia – il 66,67% per il controllo pieno, ma anche il 35% come soglia minima per l’efficacia dell’Ops – viene giudicata opaca. Mediobanca sospetta che si voglia comunque portare avanti l’operazione anche in presenza di adesioni parziali, pur a rischio di una governance instabile e di una concentrazione eccessiva del capitale. Alcuni dei principali azionisti, come Delfin e il gruppo Caltagirone, sono presenti anche nel capitale di Mps e Generali, generando un potenziale disallineamento di interessi rispetto al resto della compagine azionaria. C’è poi una questione di controllo reale. Se l’Ops dovesse avere successo, Mediobanca diventerebbe controllata da Mps, ma paradossalmente gli attuali azionisti di Mediobanca si ritroverebbero a detenere la maggioranza del capitale della stessa Mps post-operazione. Una situazione definita “paradossale” dagli analisti milanesi, che solleva interrogativi anche sul fronte regolamentare. Il documento di offerta di Mps, infatti, non chiarisce se siano già state richieste le necessarie autorizzazioni né fornisce indicazioni sui pesi azionari futuri in caso di adesioni parziali.

I fondi previdenziali italiani

A rendere il quadro ancora più complesso si aggiunge il ruolo crescente di alcuni fondi previdenziali italiani. Secondo quanto riportato dal Financial Times, Enasarco ha acquisito nel 2025 una partecipazione del 2,52% in Mediobanca, pari a circa 400 milioni di euro, mentre Enpam detiene una quota di quasi il 2% per un valore di circa 300 milioni. Entrambi gli enti avrebbero ormai raggiunto il limite massimo consentito per l’esposizione azionaria. Il loro coinvolgimento diretto in un’operazione così delicata ha alimentato i timori di un’eccessiva ingerenza politica nella partita Mps-Mediobanca.

Il periodo di adesione

Per Piazzetta Cuccia, il vero ostacolo al futuro è proprio questa operazione. L’Ops lanciata da Mps viene vista come un freno alla possibilità di portare avanti la strategia alternativa già delineata, ovvero l’aggregazione con Banca Generali, annunciata lo scorso aprile. Secondo Mediobanca, una simile operazione avrebbe maggiori benefici in termini di coerenza industriale e miglioramento del modello di business. Il periodo di adesione si concluderà l’8 settembre. Fino ad allora, il mercato continuerà a scrutare con attenzione ogni mossa degli azionisti, dei fondi pensione, delle autorità di vigilanza e, non da ultimo, del governo. Perché la partita tra Mps e Mediobanca non è soltanto una questione di numeri, ma una sfida che riguarda gli equilibri del sistema finanziario italiano e la sua futura architettura.

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