15 Luglio 2025
Bovenzi, Deutsche Bank: «Così economia e finanza possono essere più Pop»


Il mondo dell’economia e quello della finanza sono popolati da una lunga serie di termini e nomi, anche suggestivi, che per i meno esperti vanno a comporre un vocabolario a volte complicato e oscuro. Asset allocation, bail in, helicopter money e Green bond, solo per accennare a qualche esempio.

Per fare chiarezza – oltre che educazione finanziaria – Michele Bovenzi, Head of Discretionary Portfolio Management Italy in Deutsche Bank, ha scritto Economia Pop. Ovvero, un Piccolo glossario di termini economici e finanziari, come indica il sottotitolo del volume pubblicato da Egea, casa editrice dell’Università Bocconi. Il libro è organizzato in quattro sezioni tematiche: Comprendere il mondo, Pianificare, Risparmiare e investire, Innovazione e sostenibilità.

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«La bassa propensione al rischio molto diffusa tra gli italiani è spesso accompagnata da un’avversione agli investimenti. Non solo percepiti come incerti ma anche poco conosciuti», dice Bovenzi. «Anche in questo senso, una maggiore conoscenza e informazione possono svolgere un ruolo fondamentale. Il libro è un progetto nato per raccogliere questi ingredienti. Si ispira alla Pop Art, non solo nel senso di essere popolare, ma anche nel suo carattere frammentato e composto da elementi di uso quotidiano».

Un Portafoglio prudente, bilanciato, dinamico, aggressivo…

Procedendo in ordine alfabetico, come nel libro, partiamo dall’asset allocation. Di cosa si tratta?

«Significa allocare, dunque destinare, i propri attivi finanziari o asset in strumenti di varia natura, rischiosità, liquidità, orizzonte temporale e redditività attesa. Diversificare gli investimenti non è solo un adagio, “non mettere tutte le uova nello stesso paniere”, ma anche e soprattutto la presa d’atto che diverse tipologie di asset possono contribuire a una buona resa del Portafoglio complessivo di un risparmiatore, magari in momenti diversi».

Quindi, come cambia il modo di investire?

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«Il punto di partenza è che investitori diversi, in rapporto alla propria capacità di spesa, propensione al rischio, fase della propria vita e tanto altro ancora, possono avere necessità di allocare in modo molto diverso le proprie risorse. A seconda della fase di vita di ogni individuo, le prospettive di risparmio, spesa e investimento cambiano radicalmente. E così dovrebbero cambiare anche le sue scelte di allocazione finanziaria. In base al mix di strumenti finanziari presenti all’interno del Portafoglio liquido, lo stesso può essere definito conservativo, prudente, moderato, bilanciato, dinamico, aggressivo, e via dicendo. Nella pratica, più è aggressivo il portafoglio, più sarà composto di strumenti a maggiore rendimento e a maggiore volatilità. Chi è più propenso al rischio, ad esempio, può allocare una somma maggiore dei propri averi in strumenti liquidi più volatili, come l’azionario, che hanno quindi un maggiore potenziale di resa e rendimento».

Quali sono i cosiddetti investimenti alternativi?

«Se gli investimenti più tradizionali consistono nei titoli azionari, nelle obbligazioni e nella liquidità, l’universo degli investimenti alternativi può innanzitutto essere definito per esclusione di questi strumenti tradizionali. Ne fanno parte, per esempio, asset reali come le materie prime, l’immobiliare, le infrastrutture, le merci e la proprietà intellettuale. Si tratta di attività non finanziarie che creano un impatto molto tangibile sullo sviluppo dell’attività economica globale. Ci sono poi anche i fondi speculativi, ovvero i fondi hedge; il private equity e il private debt; i prodotti finanziari strutturati».

Costi, investimenti e soldi in cassa

Un altro termine che ai meno esperti può essere poco chiaro è ad esempio il free cash flow…

«È la quantità di cassa che resta disponibile dopo avere sostenuto tutti gli impegni finanziari per mantenere in vita e sostenere l’impresa, come costi, investimenti, tasse e altro ancora. Quando tutti sono stati pagati, il tesoretto rimanente è questo free cash flow. Che può quindi essere distribuito agli azionisti e ai creditori senza intaccare a priori o compromettere il valore dell’impresa».

Cosa s’intende per Green bond?

«Le cosiddette obbligazioni verdi sono emesse da enti governativi, Stati o società per creare un debito finalizzato all’efficientamento energetico per l’industria, l’agricoltura, i trasporti o l’edilizia, nella raccolta e smaltimento dei rifiuti e nel risparmio e riciclo delle risorse idriche. Già nel 2001, la città di San Francisco ha creato il concetto di solar bond, per rendere evidente e mirata la campagna cittadina contro il cambiamento climatico e a favore dell’utilizzo di strumenti fotovoltaici come i pannelli solari. Nel 2008, è stata la Banca Mondiale a emettere il primo Green bond riconosciuto come tale. Mentre ultimamente società e Stati ne emettono una quantità crescente».

L’elicottero che lancia soldi dall’alto

Cos’è invece l’helicopter money?

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«Se dovessimo identificare il bazooka finanziario per eccellenza, l’arma finale per risollevare la domanda e le dinamiche dei prezzi in caso di depressione economica, si potrebbe salire su un elicottero e… letteralmente lanciare banconote a pioggia sulle città. Meno prosaicamente, si potrebbe ad esempio stampare virtualmente nuova moneta e accreditarla su tutti i conti correnti dei cittadini. Questa idea è stata coniata per la prima volta da Milton Friedman nel 1969. Ed è stata più volte rispolverata come potenziale arma per combattere le depressioni economiche. È uno strumento non convenzionale di politica monetaria».

Per fare un esempio?

«Per esempio, durante la pandemia globale abbiamo assistito a qualcosa di simile: politiche monetarie e fiscali molto espansive, come gli assegni inviati a tutti i cittadini statunitensi, anche minorenni, sia da Donald Trump sia da Joe Biden, e i programmi SURE e Next Generation EU in Unione europea. L’aumento della base monetaria a seguito di queste manovre così estreme ha portato al ritorno dell’inflazione».

Venendo alla politica economica e alla gestione delle crisi, un concetto spesso difficile da spiegare è quello di bail in…

«È una procedura introdotta nell’Unione Europea dal gennaio 2016 per gestire le crisi bancarie senza ricorrere a fondi pubblici. In italiano, si traduce come salvataggio interno, ed è l’opposto del bail out, in cui è lo Stato a intervenire con soldi dei contribuenti. Con il bail in, se una banca è in difficoltà, le perdite vengono coperte utilizzando risorse interne all’istituto: in particolare, il capitale degli azionisti, degli obbligazionisti subordinati e, in alcuni casi, dei correntisti con depositi superiori a 100mila euro. I depositi inferiori a questa soglia sono invece garantiti dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi. L’obiettivo è duplice: evitare il fallimento disordinato di una banca e proteggere la stabilità del sistema finanziario, senza gravare sulle finanze pubbliche».

La mossa di Tiberio

Cos’è invece il quantitative easing?

«È un’idea con precedenti antichi: durante il principato di Tiberio, nel 33 dopo Cristo, si scatenò una crisi finanziaria di dimensioni globali, al punto da costringere l’imperatore a iniettare 100 milioni di sesterzi nell’economia, a tasso zero per tre anni, a tutti coloro che riuscivano a dare in garanzia appezzamenti terrieri pari al doppio di quanto richiedevano in prestito. La mossa di Tiberio, immortalata dagli Annales di Tacito, risulta essere la più antica forma documentata di quantitative easing, abbreviato in QE, su larga scala. Nonostante questa isolata esperienza, il fenomeno del QE resta assolutamente moderno: in sostanza, si tratta di un’immissione quantitativa di liquidità nel sistema finanziario attraverso la stampa di moneta da parte delle Banche Centrali, utilizzata per acquistare titoli di Stato, normalmente già presenti sul Mercato».

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Con quale obiettivo?

«Dietro questa manovra dovrebbe scatenarsi un effetto di crowding out. Vale a dire, che l’acquisto di quantità teoricamente illimitate di titoli di Stato da parte delle Banche Centrali porta a una riduzione dei tassi che disincentiva gli investitori a restare su queste obbligazioni, andando piuttosto ad acquistare obbligazioni societarie o azioni, stimolando quindi l’economia e inflazionandone i prezzi. Questo fenomeno, molto moderno, ha vissuto il suo exploit a partire dalla grande crisi finanziaria del 2008. E ha portato a un generale abbassamento dei tassi di interesse: nel decennio seguito alla crisi fino agli anni della pandemia, le principali Banche Centrali hanno inondato il sistema finanziario con un totale di circa 17 trilioni di dollari».

Quando le Banche Centrali stringono i rubinetti finanziari

E invece il quantitative tightening?

«In anni recenti, con l’aumento dell’inflazione su vasta scala, le principali Banche Centrali hanno avuto l’esigenza di avviare programmi speculari e contrari al quantitative easing, al fine di ridurre la quantità di liquidità iniettata negli anni precedenti. Questa operazione è nota come quantitative tightening, abbreviato in QT, ed è stata implementata dalla FED nel 2022 e dalla BCE nel 2023».

MIFID e MIFID 2 sono delle direttive dell’Unione Europea. A cosa servono?

«In parallelo con l’introduzione e l’estensione dell’euro come valuta comunitaria, l’Unione, attraverso la direttiva MIFID – che sta per Markets In Financial Instruments Directive – e la susseguente MIFID 2, ha avviato un progetto per integrare i servizi finanziari offerti nei suoi Paesi membri. Permettendo investimenti transfrontalieri e migliorando la trasparenza e le informazioni nei confronti degli investitori, tutelandoli e riducendo i potenziali conflitti di interesse tra le parti coinvolte nei vari servizi di investimento. Abbattendo le dogane virtuali tra i Mercati domestici di investimento, si è rivolta massima attenzione sull’importanza di fare effettuare all’investitore scelte ponderate e ben informate. La seconda versione della direttiva è la MIFID 2. Si è concentrata in particolare sul principio di adeguatezza finanziaria, sulla formazione continua dei consulenti, e su una maggiore trasparenza dei costi anche impliciti collegati a un investimento».

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Sempre in ambito europeo, quali sono le cosiddette “quattro libertà”?

«Il nostro continente è stato per secoli attraversato da conflitti violenti.  Entrambe le guerre mondiali, per esempio, hanno avuto origine in Europa. I padri fondatori del progetto europeo hanno provato a interrompere questa lunghissima conflittualità con la creazione di uno spazio economico – e quindi culturale – comune. Basato su quattro libertà di movimento: beni, servizi, persone e capitali».    ©️

Intervista tratta dal numero del 15 luglio 2025 de Il BollettinoAbbonati!

📸 Credits: Canva      





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